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I sintetizzatori, la cultura musicale elettronica. Come dire, niente rock elettronico o hip hop postmoderno. Sperimentazione sì, ma su un altro piano. I Ladytron rappresentano la cultura musicale elttronica, ma il viaggio è tutto loro. Nel corso di questa recensione vedrete cose come ‘anni ’80’, ‘Giappone’, ‘glam’… Coraggio, proseguite lo stesso. Ma prima una nota di servizio. Se non siete molto pratici, niente di strano sovrapponiate questo suono, questa cultura musicale, alla disco. Con poco rispetto per entrambi. Confondere il puro tam tam delle piste con l’invenzione musicale capirete non è carino. Specie con un prodotto come questo.
Un prodotto che non sollettica il trip-hop né il drum. “604” è pura essenza sintetica. Voce compresa. Sì, vocoder compreso… La musica stessa è come un vocoder sui vecchi suoni. Melodie da modernariato trattate con delicatezza e decisione, fino a farle proprie. Penso faccia parte del gioco, il sentore, il retrogusto eighties. Gli anni ’80, con reminiscenze da “Enola Gay”, per intenderci. I finti anni ’50 degli anni ’80… Okay, mollo la presa. Se siete arrivati sin qui meritate di conoscere il valore aggiunto di “604”. Oltre alle scelte di un sound da terribile deja-vù, di qualità e quant’altro, il sigillo dei Ladytron si chiama Giappone. O Singapore, non saprei. L’oriente tecnologico del karaoke e dei colori primari. Una scelta minimale che lavora sul panorama glam. Il glam, il vintage, un po’ il marchio di fabbrica del gruppo. Insieme al cantato.
Suono retrò e basi solide. Panorami giapponesi, temperamento pop minimale, fino alla voce. Le voci, quella calma e sensuale di Helena Marnie e quella rumena di Mina Horaye. Davvero notevoli. Nient’affatto potenti, ma minute e lievi. Che nell’economia Ladytron legano il tutto, e lo esaltano. Un altro ingrediente per una zuppa saporita, e emozionante. Se siete capaci di sopportare un po’ di anni ’80 nel vostro stereo, “604” vi esalterà. Altrimenti, su, fate uno sforzo…