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Non c’è scampo. Come nel calcio le squadre sono composte da 11 giocatori, nella dance music vige la tacita regola secondo cui le “band” debbano essere composte da due soli membri. Ovvio, come nel calcio, i risultati si hanno quando la squadra è affiatata e soprattutto è formata da validi elementi. E sicuramente questo è il caso di Tom Findlay e Andy Cato, dj londinesi che hanno portato al successo una “squadra” che porta il nome di Groove Armada. “Goodbye Country (Hello Nightclub)” è nato con la pesante responsabilità di dover bissare il successo del suo predecessore “Vertigo”. Ciò che ne risulta è un disco tremendamente piacevole, dalle atmosfere e dai “groove” quanto mai ben assortiti. Trip hop, dub, funky r ‘n’ b: questo è il mondo che anima le note e i samples dei Groove Armada.
Il primo brano, “Suntoucher”, ci promette in parte ciò che troveremo lungo tutto il disco; un ritmo “chill out” contornato da un riff-ossessione di chitarra ovattata, da una serie di fiati super riverberati, e da un vocalist dal gusto inconfondibilmente “black”. Il gioco si ripete con il secondo brano, ma qui i bpm si alzano all’inverosimile. “Superstylin”, primo singolo tratto da questo disco, esordisce con un indolente ritmo ragamuffin accompagnato da un suono di ottoni che ricorda tanto i bar estivi, per poi sfociare in una cavalcata techno trascinante.
Ma non di sola techno è fatta l’anima dei Groove Armada. Basterebbe portare il secondo singolo tratto da “Goodbye Country” come inequivocabile testimone. “My Friend”, assurto ormai a tormentone di radio e spot televisivi, è un irresistibile r ‘n’ b frutto di un sapiente “copia e incolla”, in cui drum machine e sintetizzatori trovano un’armonica fusione con strumenti “autentici” come chitarre funky e organi elettrici. In questa e in altre tracce i due dj inglesi esprimono tutta la loro voglia di giocare con i generi, le atmosfere, le sonorità, uscendo da una rigida impostazione “dance”: da “Little By Little”, con i suoi soffici arpeggi di pianoforte, passando per “Lazy Moon”, melanconica nei suoi delicati accordi bossanova trapassati da colpi di archi e sintetizzatori analogici, per arrivare a “Edge Hill”, chilometrica traccia solcata da un evocativo tappeto di archi. In questi episodi sembra di trovarsi di fronte ad una jam session, piuttosto che ad un lavoro di resampling. Il fatto che Cato e Findlay abbiano girato il loro ultimo tour con una band di nove elementi può aiutare a capire lo spirito che anima i Groove Armada.
Ma non ci facciamo ingannare; la dimensione ideale per questo disco è il club, e a ricordarcelo ci sono brani “massicci”, in cui il basso riempie violentemente lo sterno a colpi di martello. Su questa linea sono concepite tracce come “Fogma”, con i suoi sinuosi synth a singhiozzo, “Raisin’ The Stakes”, dalle atmosfere electro funk vecchia scuola, o l’energica “Healing”.
Un disco ben riuscito che promette di resistere all’usura del tempo. Perlomeno fino a quando Findlay e Cato non ci stupiranno con un altro lavoro uscito dal loro magico cilindro.