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Sarà un caso, ma in coincidenza dell’esordio sul colosso indie SST, col contratto major per il successivo album in tasca, i Soundgarden suonano decisamente grezzi, indie, appunto. Più di quanto non si fosse sentito su “Screaming Life”. Quanti di voi stiano pensando ad una mossa opportunistica, sappiano che anche la qualità dei brani non può quasi mai rivaleggiare con quanto lo seguirà. Ma si sa, i Soundgarden sono sempre stati molto attenti a promuoversi, con un’intelligenza ai limiti della programmazione di cui non si può avere molto da ridire, dati i risultati. Meglio le parabole autodistruttive di La’s e My Bloody Valentine? Più romantiche, certo, ma senza seguito.
Tornando alla musica, che è quello che poi rimane, Ultramega Ok suona comunque splendidamente incompiuto, tra piccole e avvincenti architetture e sperimentazioni che sanno tanto di riempitivo.
Si comincia per bene, col groove vincente e nebbioso di “Flower”, poi subito una sfuriata hardcore, “All Your Lies”, quasi a strizzare l’occhio al catalogo dell’etichetta. “Beyond The Wheel”, chiusa tra le enigmatiche e demenziali “665” e “667”, riprende il filone dei lenti sepolcrali per i quali sono diventati famosi, con un Cornell che inizia a spiccare il volo.
“Mood For Trouble” sorprende per l’inizio di chitarra acustica, ma convince solo nei rallentamenti paludosi. In “Circle Of Power”, con Yamamoto alla voce, ci sono Germs e Stooges a pugnalarsi a vicenda e lo spettacolo è sanguinario e gustoso. I Dead Kennedys immagino abbiano apprezzato.
Il lato b comincia maluccio, “He Didn’t” si avvita su se stessa con scale che non portano da nessuna parte e il tentativo jazzato nel mezzo non migliora di certo la situazione, come agitarsi mentre si affonda nelle sabbie mobili. Lo standard blues di “Smokestack Lightning”, interessante sulla carta, è solo un impantanamento ulteriore che non ci risparmia sonori sbadigli. E a questo punto i miagolii di Cornell rischiano solo di indispettire. “Nazi Driver”, decisamente più umile, ha dalla sua un gran bel groove notturno, ma poco altro. Ci pensa “Head Injury” a destarci dal sonno con una scossa punk-hardcore frenetica e deragliante, ma decisamente secca e precisa, come ne sentiremo ancora in “Badmotorfinger” e “Down On The Upside”.
I conti si chiudono col blues di “Incessant Mace” e finalmente si ascolta di nuovo un brano coeso e significativo, un altro tassello della progressione dei nostri che sembrano volerci dire va bene, abbiamo scherzato, ma dal prossimo disco facciamo i bravi! E manterranno, eccome…
Sull’Lp c’era evidentemente ancora del vinile libero. I Soundgarden lo occupano con l’agghiacciante tributo a John Lennon di “One Minute of Silence”, per l’appunto un minuto di silenzio. Vabè, in fondo solo ai Sabbath poteva capitare di tirare fuori un riempitivo del calibro di “Paranoid”…
A conti fatti, disco brutto? No di certo.
Disco fondamentale? Tanto meno.