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Forse il cervello in fuga è stato il mio. Andarsi a vedere il documentario dei Litfiba “Cervelli in fuga”, proiettato il 16 gennaio in tutti i cinema d’Italia, nel 2012, pare da incosciente. Ci sta. Ma è sopravanzata la curiosità malsana che accomuna tutti i riflettori delle reunion: capire se il gruppo in questione è ancora credibile. In fondo, glielo dovevo ai Litfiba, se non altro per quella triade di album (“Desaparecido”, “17 Re, “Litfiba 3”) che sono quello che di più l’avanguardia ha prodotto, in Italia, nella decade tanto vituperata (erroneamente) degli Anni Ottanta e per il mio giudizio impietoso (giustamente) sui Litfiba pre-reunion, quelli con Filippo Margheri alla voce (vedi caspiterina!)
Il documentario racconta la tournée 2010 dei Litfiba in Europa (8 date: Londra, Berlino, Bruxelles, Amsterdam, Ginevra, Zurigo, Parigi, Barcellona) con spezzoni live in particolare della data di Parigi, all’Élysée Montmartre. Una data con un bel po’ di pubblico, del resto i Litfiba dei primissimi passi erano amatissimi in Francia. Le canzoni nel film si intermezzano a racconti degli stessi Pelù e Renzulli, che quando discorrono fanno la parte un po’ di due fratellini (e vengono subito in mente, a contrario, gli scannamenti che c’erano tra di loro nel tour di “Spirito”…) e che non raccontano poi molto: all’estero c’è più attenzione per la cultura, ci sono ancora i negozi di dischi e altri discorsi del genere non al massimo dell’originalità. Le canzoni (tra le altre “Ritmo”, “Gioconda”, “Terremoto”) dimostrano quello che si poteva già supporre: mancano Maroccolo, Aiazzi e De Palma per cui qui siamo di fronte ai Litfiba-2, quelli Anni Novanta, e dico un’ovvietà.
Però “Cervelli in fuga” trasmette una certa sensazione di riprovarci, di essere ancora “in viaggio” (come del resto Pelù canta in “La mia valigia”, singolo la cui metrica del testo della strofa è un’offesa all’italiano, ma il cui sviluppo pop nel ritornello coglie certe intuizioni migliori dei Litfiba anni ’90), il che è – a mio parere – da sottolineare. Bisogna vedere se altre reunion ben più strombazzate trasmetteranno la stessa voglia di esserci ancora (ad esempio l’ultima dei Soundgarden, ma si potrebbero fare mille nomi) che i Litfiba (soprattutto Pelù) sembrano instillare ora.
Fondamentalmente nulla di nuovo, il disco in uscita domani (“Grande Nazione”) sarà probabilmente non all’altezza e i Litfiba del 2012 non aggiungeranno un fan in più rispetto al loro periodo 1990-1999, ma con il loro rock italiano che nel tempo è diventato – loro malgrado – molto ingenuo, i Litfiba possono comunque dare l’esempio di un coinvolgimento pop-rock che si è molto perso nella decade italica successiva, smarrita tra i lamenti insopportabili de Le Luci della Centrale Elettrica e il minimalismo, ottimo ma pur sempre senza “pacca”, di gruppi come gli Offlaga.
Chi amava i Litfiba degli Anni Novanta può insomma trovare in questo “Cervelli in fuga” quel qualcosa che gli può strappare un sorriso, naturalmente un po’ nostalgico.
Perché poi in fondo, sia i Litfiba che noi siamo intenti nella medesima, inutile occupazione: cercare di ingannare il tempo che passa, inesorabilmente.
(Paolo Bardelli)
16 gennaio 2012