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Appena metti su un disco dei Camera Obscura… come dire… l’aria intorno cambia. La musica serve a questo, fondamentalmente, almeno a noi, ascoltatori sempre in cerca di landscape alternativi e altri. Più belli, magari più leggeri, ma gioiosi, vibranti, tiepidi e rincuoranti, come il sole della primavera frizzante che tutti aneliamo, tutti, non riesco a non essere assolutista su questo. Gioco facile per l’ormai assodato dream pop della band scozzese, che di pop ha tantissimo, di dream anche, ma senza rarefazioni, che quasi lo senti quel sole sulla pelle.
Dal 1998 ad oggi di strada ne è stata fatta, i sorrisi sono stati sparsi, le lacrime raccolte e asciugate, e le note, le loro note, erano sempre là, come una presenza amica sempre a disposizione. A quattro anni dall’ultimo lavoro (“My Maudlin Career”), con nuove vite maturate in questo lasso di tempo, nel bene e nel male, i Camera Obscura hanno tirato fuori dal cilindro sonorità che tutto sono, fuorché riflessioni malinconiche tout court. Basta arrivare a “Toublemaker”, e lasciarsi prendere da giravolte di chitarre, sostenute da ritmiche incalzanti, et voilà, il mood è fatto. Sono atmosfere romantiche, quelle che gonfiano il disco, sia sui pezzi più morbidi che su quelli che quasi ti stupiscono, come “Every weekday”, con i suoi ritmi caraibici, dove quel sole primaverile diventa tropicale, senza scottarti.
Si potrebbe dire un disco più maturo, “Desire Lines”. La verità – secondo me – sta nel fatto che sono le persone a maturare, e magari ad un certo punto della propria vita si sentono nuove esigenze e nelle orecchie si abbisogna di sonorità meno ovattate, più definite, oserei dire concrete. E qui aiuta la produzione con Tucker Martine (Spoon, The Decemberist) dietro il mixer, ovvero il filo che tiene il palloncino dream attaccato al suolo, ma lo lascia sempre e comunque libero di fluttuare nel cielo. Un esempio assolutamente calzante lo possiamo ritrovare in “Break it to you gently”: ritmica pulita, voce della Campbell perfettamente misurata, tastiere leggere e ariose, eppure il brano si incastra perfettamente in una struttura ben inquadrata. Insomma, un brano pop, nell’accezione storica del termine. Arriva, colpisce, si defila e ti lascia un bel sorriso stampato in faccia.
Questi solo alcuni esempi degli episodi che compongono la storia di “Desire Lines”. Una storia di vite che si intrecciano con le nostre, in cui la scambio non può che essere, sempre, fruttuoso.
75/100
(Elisabetta De Ruvo)
16 settembre 2013