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I Real Estate sono una di quelle band che presenteresti ai tuoi genitori. Facce pulite, sorrisi rassicuranti, atmosfere scanzonate e chitarre soft. Il rischio, dopo due album impeccabili, era che la formula diventasse stanca e stucchevole. Rispetto all’esordio da trasognato chill alcolico sulle spiagge dell’Atlantico, “Days” era la quadratura pop, con brani più frizzanti e d’impatto, con melodie da colpo di fulmine e orizzonti meno dilatati e rarefatti rispetto all’esordio.
I testi si sono fatti un po’ più introspettivi e nebulosi, ma l’incantesimo non si è rotto. Il suono resta tipicamente Real Estate, con gli accordi aperti e quel timbro scacciapensieri di Martin Courtney ormai inconfondibile.
Nonostante alcuni rumour su suggestioni psichedeliche che c’erano giunti nei mesi delle registrazione, sono bastati i primi due estratti a “Talking Backwards” e “Crime” per capire che non c’è niente di particolarmente nuovo.
I giri chitarra di Mr. Ducktails, Matt Mondanile, che vi si intrecciano alla perfezione. Il retaggio di band suburbana dell’amena periferia del New Jersey non è scacciato, ma i Real Estate sono qualcosa di più. Si sono integrati pienamente nell’atmosfera elitaria e vagamente europea di Greenpoint, una delle zone hipster di Brooklyn, dove vive gran parte delle band indipendenti che sono riuscite a mettere qualche quattrino in tasca. Album partorito nel cuore della New York alternativa e in parte registrato al Loft, lo studio dei Wilco di Chicago. Come a dimostrare la voglia di diventare grandi, con un suono sempre più maturo e figlio della tradizione folk alternativa a stelle e strisce. La scrittura di Courtney è ispiratissima benché così peculiare e caratteristica da sembrare monocorde. Brani come “Primitive” e la harvestiana “Horizon” lo dimostrano ancora una volta.
Utili a variare il tema, come già nel secondo LP “Days” “Kinder Lumen” e “Wonder Years”, i contributi dei due compagni di avventure Matt Mondanile, protagonista di un’ammaliante mini-suite strumentale molto Ducktails (“April’s Song”) e Alex Bleeker, bassista, che mette in lustro la sua anima da figlioccio di Galaxie 500 in “How Might I Live”.
Se non si fosse capito, i Real Estate potrebbero continuare per un decennio a fare dischi così e non ci si stancherebbe mai.
84/100
(Piero Merola)