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Non eravamo preparati ad un così deciso cambio di rotta del gioiellino di Kevin Parker. Sarà che di primo acchito ci si aspetta un seguito “similare” di un album grandioso, sarà che nei Tame Impala si intravedevano trame in ogni caso complicate e non easy, fatto sta che – qualsiasi sia il motivo della nostra sorpresa – il pop laccato di “Currents” ci ha letteralmente lasciati di stucco. Ma la mancanza di evoluzione è solo sinonimo di limitatezza, per cui andiamo ad analizzare meglio cosa sia questo “Currents” cercando di toglierci questa espressione ebete dal viso.
Siccome “Lonerism” era davvero un album stratosferico, uno di quelli che lascia il segno nel decennio, Parker vira per non rimanere impantanato. Quando a marzo è uscito “Let It Happen”, singolone enorme messo strategicamente all’inizio della tracklist e anticipatore dell’album, si poteva notare un certo continuum con “Lonerism” per via dell’ambiente psich ma già lì quel vocoder “à-la-Daft-Punk” ci diceva che c’era qualcosa di più. Che è – caratteristica peculiare di tutto l’album – una certa indulgenza a piacere senza narcisismi. Spieghiamoci meglio: solitamente chi languisce con le atmosfere che i Tame Impala usano in “Yes I’m Changing” e “Cause I’m A Man”, con quel gusto soul e non lontano dall’impronta “psico-balneare” del Washed Out di “Within And Without”, lo fa perché si vuole porre volontariamente in direzione radio-oriented o, comunque, vuole arrivare a più persone possibili. Invece la naturalezza con cui lo fa Parker ci suggerisce che lui lo fa perché – ora – si sente così. Si sente probabilmente ammiccante e suona questo pop patinato con striature psich come se volesse esplorarlo come un novello Magellano. L’unico problema – all’interno di questa cornice disinvolta – è che questo genere ha dei limiti che inevitabilmente portano tutti i naviganti vicino al manierismo. Parker evita di cadere macroscopicamente nella trappola, ma in alcuni episodi vacilla (“Reality in Motion”, “Past Life”).
Alcune song di livello compositivo non discutibile (“The Moment” e “Eventually”) tengono la tensione comunque alta, e dall’inizio alla fine si respira l’aria del “genietto” Parker che scrive, registra, suona e produce (e questa volta anche mixa), ma per fare questo pop luccicante, lontano parente delle cose più patinate di alcuni artisti eighties come Level 42 e Wham! (!) e dell’ondata revival dell’indie di inizio anni ’10 (oltre al già ricordato Washed Out, anche Toro Y Moi e Neon Indian), non ci vuole il genio dell’australiano. Basta avere un acuto produttore. Per cui Parker va a giocare su un campo in cui non può impressionare come ha fatto in “Lonerism” e in “Innerspeaker”.
Ascoltiamo piacevolmente “Currents” in questa “grande estate calda” come un sofisticato e intelligente sottofondo. La memorabilità di quest’estate che ci ha fatto sentire meno soli, tra Plutone e Kepler-452b, pretendeva però una vera e propria colonna sonora, non solo un sottofondo.
70/100
(Paolo Bardelli)