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È raro e difficile imbattersi in una band che riesca a produrre i suoi primi quattro dischi senza alcun calo, sfornando quattro prodotti diversi tra loro e soprattutto di altissimo livello. I Foals, quintetto di Oxford, hanno raggiunto questo importante traguardo. Sicuramente la soggettività in una considerazione del genere conta tanto, forse anche in maniera decisiva, ma occorre dare atto ai Foals di non essersi mai riciclati completamente e sempre con ottima qualità, al di là dei gusti personali.
Le differenze tra il loro nuovo quarto lavoro, “What Went Down”, e il precedente “Holy Fire” non sono tante ma comunque importanti e vistose. In particolare la title track, simbolicamente in apertura del disco, spiazza in quanto esempio unico nella discografia dei Foals. “What Went Down” e un brano di pancia che arriva senza deviazioni dritto all’ascoltatore, aggressivo e roboante, con dei crescendo che lasciano senza fiato. I cinque musicisti di Oxford ormai escondo da qualsiasi schema legato a etichette di generi e sottogeneri, pur avendo una cifra stilistica ormai consolidata ed inconfondibile. L’abilità sta anche nel rendere interessanti e con arrangiamenti raffinati brani che tutto sommato potrebbero puntare tutto solo sul ritornello, come “Mountain at My Gates” o la splendida “London Thunder”. Questo nuovo lavoro ha anche altri momenti che rimangono subito impressi in testa: “Birch Tree” per esempio, o l’arrembante “Snake Oil” o ancora “Night Swimmers”, che rimanda ad alcuni episodi di “Total Life Forever”.
“What Went Down” ha tutto l’aspetto del disco della consacrazione definitiva: se così fosse sarebbe una grande vittoria una crescita simile senza mai mollare un centimetro a soluzioni compositive facili e banali.
90/100
Francesco Melis