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Una volta mi dissi che ci dovevo tornare ogni anno, a New York. Proposito ovviamente non rispettato. Il punto è che la Grande Mela è il collettore universale di tutti i movimenti, crocicchio di strade di persone che lì si spostano dai più sperduti luoghi del globo, creando di fatto il centro del mondo. Un luogo di miglioramento della specie umana.
Prendiamo ad esempio Empress Of: di origine onduregna (il suo vero nome è Lorely Rodriquez), è nata a Los Angeles e poi si è spostata a Brooklyn, anche se questo suo album d’esordio lo ha registrato a Città del Messico. Perché chi vive a NY si nutre (e assorbe) tutto quello che può, e soprattutto metabolizza e ricrea con stile, appunto, newyorkese.
Empress Of non è di quelle eroine dell’elettronica che vanno adesso e che paiono impalpabili (mi riferisco in particolare a FKA Twigs), i suoi bit non pulsano di virtuale, pulsano di vita: di interminabili notti nei club (il singolo “How Do You Do It”) e ossessive paure metropolitane (“Water Water”), di serate in cui si cerca di essere belli come il sole per la persona che ci accompagna (“Everything Is You”) così come di incomunicabilità post-industriale (“Kitty Kat”).
Tutto reale, tutto presente, lì, davanti a te, non in sogno.
Empress Of suona attuale pur non utilizzando suoni all’avanguardia, e soprattutto riesce a svicolare dal parallelo solito, per chi usa tali tastieroni, con gli Anni ’80. Tra alcune soluzioni di Bjork, tentazioni lo-fi di U.S. Girls, l’eredità danzereccia degli Hercules And Love Affair e una propria eleganza naturale, Lorely è l’artista giusta al momento giusto.
Non male, per una 23enne con tanto futuro davanti a sé.
73/100
(Paolo Bardelli)