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Mark Wynn è l’anello di congiunzione tra lo spoken word e il pop sbilenco british per tradizione. Originario di York negli ultimi cinque-sei anni ha pubblicato una lunga serie di dischi, alcuni dei quali allegati alla fanzine Dirty Work, autoprodotta dallo stesso Wynn. Qualche titolo (di album) significativo: “James Dean Makes Me Insecure, Why Does He Have to Be So Shexy” (2012); “Eggs, Kes and that bike I never bought you even though that I would like to” (2013); “You can tell I’m a pop star – people call me by my full name” (2014); “Skivvy: A Much More Noble Occupation” (2015). Tutti e quattro ascoltabili sullo spazio bandcamp del musicista/performer inglese. Anche se la lista sarebbe molto più lunga, il primo album in assoluto è “Backstreet Ballads and Assorted Wrecks” e, uscito nel 2010, mostra ancora un musicista tradizionale orientato verso un folk acustico. Solo nelle produzioni successive, a partire da “It Hasn’t Got a Title Yet But When I Think of It I’ll Let You Know”(2012), Wynn comincia a sviluppare uno stile più scanzonato, sarcastico e freak.
“The Singles”, compilation non compilation pubblicata dalla Harbinger Sound tre giorni fa (ossia l’8 marzo 2016), è di fatto la sintesi perfetta del mondo sonoro dell’artista: i diciotto pezzi, presenti su disco e già editi, hanno come tratti distintivi una scrittura (pop) sghemba, sonorità a bassa fedeltà e una poetica stralunata ed ironica. Le parole fluiscono in modo spontaneo, soprattutto nei concerti più recenti, ormai vere e proprie performance. E non è quindi un caso che Wynn nel settembre 2015 sia stato uno degli opening act del tour autunnale degli Sleaford Mods.
Ad ogni modo l’approccio del musicista è “fai da te”, tant’è che la copertina di “The Singles” ricorda, nello stile a collage, le pubblicazioni cartacee DYI del punk 77 inglese. Per di più sulla cover del disco si legge: ” But they’re not really singles, I just sent them to the screen and said they were singles”. Una frase che non è una semplice presentazione ma un manifesto musicale ben definito. Lo “schermo”, ovviamente, è quello del computer, di alcuni brani esiste infatti una versione video caricata su youtube. I filmati, dall’aspetto amatoriale, ritraggono Mark Wynn a ruota libera. E non potrebbe essere altrimenti. Parole e note in piena libertà.
(Monica Mazzoli)