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Ebbene, siamo arrivati alla fine di questo #NationalDay su Kalporz. E non potevamo non concludere se non con la ragione stessa delle celebrazioni, ovvero uno scritto che condivida con voi la prima impressione dell’ascolto completo del nuovo album “Sleep Well Beast”, uscito oggi per 4AD.
01 Nobody Else Will Be There
L’inizio è confidenziale, Matt non canta, quasi sussurra. L’arpeggio di pianoforte la fa da padrone in una canzone piena di domande.
Can’t we just go home?
New York è sempre stupenda anche se fa freddo, e nelle canzoni dei National il freddo c’è (quasi) sempre.
02 Day I Die
Eccoci al singolone. Avanti di tamburi e chitarre elettriche che qui bisogna divertirsi, perché dove saremo il giorno in cui moriremo?
Da interpretarsi più in senso metaforico che geografico: cosa avremo fatto o concluso, allora?
03 Walk It Back
Le notizie internaute ci danno questa canzone come originariamente intitolata “Roman Candle”, e suonata per la prima volta al Troubadour, a Los Angeles, il 16 ottobre 2015. In questa sua veste definitiva “Walk It Back” ha un substrato di arpeggiatori di synth che gli conferisce un senso un po’ elettronico a cui non siamo abituati dai National.
04 The System Only Dreams in Total Darkness
Una canzone epica e scura, come dice lo stesso titolo, in tipico National-style. Qui si va via tranquilli, e va da sé che sia stato il primo singolo estratto.
05 Born to Beg
E anche in questa che avrebbe potuto essere la classica “ballata da pianoforte” c’è un substrato di loop… che sia un album marcato da un’apertura, se non svolta, elettronica?
06 Turtleneck
Già all’inizio si sente “il quattro”, come si dice in gergo, che dà il batterista per dare la prima battuta. “Turtleneck” rivisita il lato immediato dei National, quello quasi garage. Le chitarre si fanno sporche, senza mediazioni, e l’approccio è quello della band-live. Perché, non dimentichiamolo, i National in concerto funzionano eccome.
07 Empire Line
Il titolo della canzone si dovrebbe riferire all’Empire Service, un treno pendolare ad alta velocità che fornisce il servizio giornaliero tra New York City e Albany, NY. Questa linea ferroviaria è un probabile mezzo di viaggio tra i membri della band di Brooklyn e il Long Pond Studio di Aaron Dessner nell’ Upstate NY, dove è stato registrato l’album.
Coerentemente con quest’ispirazione, fa da collante a tutto una base di loop (e torniamo all’elettronica) che potrebbe ricordare l’incedere di un treno. O di una song delicata ed ovattata dentro le cuffiette, mentre si sta sonnecchiando dentro a quello stesso treno.
08 I’ll Still Destroy You
E’ certo: i National stanno cercando di costruire, con “Sleep Well Beast”, il loro primo album intriso di bit elettronici, quasi che fosse un loro “Kid A” (nulla di così radicale, però).
09 Guilty Party
Probabilmente “sorry” è la parola più usata da Matt nei suoi testi: anche in “Guilty Party” racconta di una sconfitta senza vincitori né vinti, il termine di una storia (d’amore / d’amicizia / di collaborazione) perché così è andata, nessuna recriminazione. Una bella canzone, che al termine lascia addosso il profumo di quando abbiamo veramente capito che è stato meglio sia andata così.
I say your name
I say I’m sorry
I know it’s not working
I’m no holiday
It’s nobody’s fault
No guilty party
We just got nothing
Nothing left to say
10 Carin at the Liquor Store
Ecco, nonostante tutta la chiarezza di intenti (il pianoforte cristallino, la melodia pacata) canzoni come questa i National probabilmente potrebbero farle con lo stampino. Un testo criptico con qualche citazione letteraria (viene nominato John Cheever, lo scrittore statunitense).
11 Dark Side of the Gym
“Dark Side of the Gym” potrebbe essere il lento della festa della scuola di fine anno che si tiene in una palestra oppure in una ballroom. E’ una ballata d’amore che potrebbe essere stata scritta dai Camera Obscura, di quelle canzoni che balli stretto stretto, perché “I’m gonna keep you in love with me for a while”.
Per quanto tempo non si sa. Poco di più di un ballo.
12 Sleep Well Beast
La conclusione dell’album è affidata alla canzone omonima, ambientata come in una notturna palude piena di versi di animali. In realtà la palude è il diventare adulti, argomento caro ai nostri (leggi la recensione di “Alligator”).
Losing parents, losing sense
I don’t know what we should do
Became a father when I was still a son, she brings it out in you
C’e sempre da andare avanti, direbbero i vecchi, e Matt pare dirci che c’è sempre da affrontare la bestia, il futuro. Prendere il toro per le corna, si potrebbe dire.
Cercheremo di tenerlo a mente, Matt.
(Paolo Bardelli)