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Il debutto su album del romagnolo Lorenzo Senni sulla prestigiosissima etichetta inglese Warp, dal 1989 instancabile promulgatrice dei più importanti percorsi musicali elettronici a livello globale, potrebbe sorprendere giusto chi negli ultimi anni non è stato attento al panorama elettronico.
La carriera di Senni, noto al pubblico della sperimentazione elettronica da quel “Quantum Jelly” uscito nel 2012 per Editions Mego (qualche nomo noto ai più del loro catalogo: Florian Hecker, Oren Ambarchi, Fennesz, Jim O’Rourke, Oneohtrix Point Never e tantissimi altri) ha continuato a stupire il mondo con la sua trance puntinista, approdando poi nel 2016 a Warp con il suo EP “Persona”, 6 tracce che hanno consacrato il nome e il lavoro del compositore romagnolo nei grandi della musica contemporanea.
In “Persona” veniva poi presentato il concetto di rave voyeurism, esplicato dall’iconica cover art e dal brano (quasi) omonimo, un concetto che Senni ha poi voluto spiegare nelle interviste legate alla sua ultima uscita: “Io in quel contesto ero un voyeur a tutti gli effetti, e in pratica lo sono ancora adesso. Infatti, anche se la mia musica fa riferimento a quel mondo ed esce per un’etichetta che ha fatto la storia dell’elettronica, e per quanto i miei set suonino nei festival dove le persone vogliono ballare, io e la mia musica non rispondiamo esattamente a quello stesso ambiente. Proprio da questo fatto nasce l’idea di voyeur, a cui ho cercato di dare coerenza in tutti gli aspetti del mio lavoro, compreso il modo in cui mi presento ai live. Ad esempio, non ho mai voluto i visual dietro di me, bensì questo banner statico in PVC che va in controtendenza rispetto ad elementi luccicanti e mobili”.
Un percorso atipico, quello di Senni, partito dall’accademia per vedersi alfiere della nuova onda post-club. Ma alle accuse che spesso si sentono muovere a questo ambiente per la sperimentazione fine a sé stessa, o per la non musicalità che spesso si trova ad affrontare, “Scacco Matto” risponde con la musica.
Accompagnati da una bellissima fotografia di John Divola che firma la copertina, gli otto brani che compongono il nuovo disco presentano una maturità stilistica e compositiva, che rende “Scacco Matto” un instant classic, e un punto di arrivo (?) per molta della musica sintetica prodotta negli ultimi anni. Continuando la ricerca che lo ha contraddistinto dal sopracitato “Quantum Jelly”, “Scacco Matto” presenta artefatti sonori composti solo da sintetizzatori (come ricordava la campagna pubblicitaria che ha preceduto l’uscita del disco: no drums, no sample) che mostrano da una parte l’impatto sonico che faceva la forza dell’EP “Persona” (“Discipline of Enthusiasm”, “Move in Silence”) come una nuova attenzione alle progressioni di tipo più classico, sempre che si possa utilizzare questo termine per Senni (“Dance Tonight, Revolution Tomorrow”, e la bellissima “Canone Infinito”).
Certamente la forza di “Scacco Matto” si trova anche nel momento nel quale il disco vede la luce: la paura per il lockdown e l’insicurezza globale che accompagnano la pandemia che stiamo vivendo trovano una luce, un abbraccio sicuro nelle composizioni di Lorenzo Senni. La già citata “Canone Infinito” (della quale non a caso esiste un altro brano omonimo, un’installazione sonora nell’ospedale di Bergamo) con il suo procedere verso la cima di una vetta altissima e forse irraggiungibile, colpisce le corde più sensibili del nostro animo, in una botta di positività che in questo momento ci aiuta, e non poco.
Un’altra elettronica è possibile, parafrasando il sottotitolo della storica sitcom italiana Boris. E dobbiamo essere orgogliosi che a guidarla, oggi, sia un atipico ragazzo italiano, che riesce a coniugare amore per la ricerca e la sperimentazione con la musica vera, quella che colpisce al cuore e scuote i sensi delle persone che la ascoltano. Lorenzo Senni è tutto arrosto e poco fumo, e con umiltà e intelligenza è riuscito ad arrivare nel pantheon della scena attuale senza snaturare o commercializzare il suo messaggio.
Forse, a nemmeno metà anno, siamo davanti al disco del 2020 e il primo grande album del decennio che abbiamo da poco accolto, così pregno di contemporaneità quanto di maturità compositiva. Scacco matto.
95/100
(Matteo Mannocci)