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Un pianoforte introduce l’atmosfera fumosa e notturna di “When your number isn’t up” e la voce roca che taglia l’aria e la riempie di whiskey e di sigarette. Non ci sono dubbi a riguardo, è Mark Lanegan. Col tempo l’ex cantante degli Screaming Trees si sta avvicinando alle timbriche di Tom Waits e di Greg Dulli, e questo non può che giovare nel risultato complessivo delle sue opere.
“Bubblegum” è prima di tutto un disco di puro rock’n’roll, quel tipico sound da locale da bassofondo metropolitano, dove la chitarra elettrica più che ammazzare con riff elettrici distorce l’aria per renderla più intensa e crea un tappeto in cui la voce e la poesia urbana del cantante riesce ad innalzarsi al meglio. Ad ascoltare il settimo episodio solista di Lanegan vengono in mente quindi “Raindogs” di Tom Waits e “Blackberry Belle” dei Twilight Singers ed è un vero piacere ascoltare questi 50 minuti di musica notturna e maledetta, stradaiola e diretta come solo il miglior rock sa essere.
Molti gli ospiti presenti in questo disco, da PJ Harvey (che presta la sua voce unica in “Hit the City” e “Come to me”) a Greg Dulli passando per Izzy Stradlin e Josh Homme, ognuno è passato e ha dato un po’ di sé stesso per questo lavoro intenso e crepuscolare, esperienze che si traducono in canzoni come “Metamphetamine Blues”, “Sideways in Reverse” e “Can’t come down”, canzoni che esprimono tutto quello che Lanegan ha da dire e nel modo migliore: con un rock senza fronzoli e americano al 100%, senza richiami punk o post-grunge, solo e semplicemente rock d’autore e di una qualità eccelsa.
Questo sicuramente non è il migliore disco di Lanegan – “Field Songs” ad esempio gli è superiore – ma non sentiamo il bisogno di fare classifiche, perché qui c’è un anima che canta di sé stessa ed è da ascoltare in rispettoso silenzio, da amare in nome del blues di cui è piena, del soul che ama e del rock che trasuda.