Share This Article
Dei King Crimson si può dire tutto tranne che non riescano a stare al passo coi tempi. La band di Robert Fripp ha sempre saputo rinnovarsi (tanto nell’organico quanto nei contenuti), rimanendo comunque chiaramente influenzata dalla “filosofia” del suo carismatico leader. Questo ultimo lavoro dei Crimson prosegue il discorso intrapreso con il precedente “THRAK”: musica non certo facile ma di grande impatto, superba perizia strumentale mai fine a se stessa e grande spazio dedicato a lunghi brani senza cantato. Rispetto al precedente disco mancano Tony Levin e Bill Bruford, ma la “touch bass guitar” di Threy Gunn e lo strepitoso drumming di Pat Maselotto non fanno sentire poi molto tali assenze (e se lo dice uno sfegatato fan di Bruford come me potete crederci!). Non occorre soffermarci più di tanto, invece, sugli inimitabili intrecci chitarristici fra Fripp e Adrian Belew che, a partire dal lontano “Discipline”, non possono non deliziare gli amanti della grande musica. Un unico piccolo appunto per concludere: sono forse un po’ troppi, in questo disco, i richiami al passato: quello già citato di “Discipline” e quello, ancora più remoto, evocato chiaramente nel brano intitolaro “Larks Tongues in Aspic pt. IV”. Resta comunque difficile trovare a tutt’oggi gruppi che, tanto in studio quanto live, raggiungano l’equilibrio fra abilità tecnica e originalità proprio degli attuali King Crimson.