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Astor Piazzolla, sospeso quasi magicamente tra il tango, il jazz e la musica classica. Fedele alle sonorità, ai ritmi e agli strumenti della sua terra, l’Argentina, ma sensibile alle inquietudini che percorrono la musica classica contemporanea. La sua musica fonde infatti la tradizione del tango argentino, le suggestioni sinfoniche (Stravinski tra tutti) e le sperimentazioni del jazz, per creare un nuovo genere, originale e personalissimo. E’ prova di questo forte personalità l’attenzione che Piazzolla ha ricevuto da molteplici ambienti: il cinema, che ha inserito sue composizioni in innumerevoli colonne sonore (a partire dal primo film, in collaborazione col cantante Carlos Gardel). La danza, che ha reso omaggio alle sue opere, portando il tango fuori dalle sale da ballo argentine per farne uno spettacolo di altissimo livello. E infine la musica classica, i cui interpreti hanno ripreso e reinventato alcune composizioni di Piazzolla, chiudendo in qualche modo il cerchio: basti pensare alla fantastica interpretazione di “Oblivion” che il grande violinista Salvatore Accardo ha regalato ad un pubblico estatico l’inverno scorso, durante un concerto all’Aula Absidale di Santa Lucia, Bologna.
“Oblivion” è anche il titolo di questo album, forse uno dei più famosi di Piazzolla. In esso trovano spazio le diverse anime che percorrono la sua musica, e si fondono in un insieme armonico. Il brano d’apertura, “Jeanne y Paul”, un tango travolgente e passionale, in un certo senso più tradizionale; “Oblivion”: dolcissimo, struggente, in cui il ritmo serrato della danza lascia spazio ad una melodia lirica e introspettiva; oppure “Enrico IV”, in cui si sente la presenza di Stravinski, con le sue dissonanze e tensioni. Una musica complessa, quella del compositore argentino. Ma capace di attrarre l’ascoltatore, di coinvolgerlo, complici di volta in volta la ritmica, la sensualità del tango, oppure il rigore della musica sinfonica.
“Il tango è un pensiero triste fatto danza”…forse è qui il segreto della musica di Piazzolla: riuscire a fondere un sentimento profondo, dolce, triste, con l’istintualità della danza…reinventando poi tutto!