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Wyclef, anche se magari non lo sapete, lo conoscete di certo. E’ uno dei Fugees, quelli di “The Score”, l’album hip hop più venduto di sempre (Eminem permettendo). Ora che l’esperienza con Lauryn Hill e Pras è finita, restano i Refugee Allstars. Loro tre e qualcunaltro meno noto, a dedicarsi alla propria carriera solista. Diciamo subito che una riunione del gruppo è perlomeno improbabile. Del resto era il gruppo di Lauryn. Sapeva di R&B, di buon R&B, tanto che il di lei debutto solista è stato un altro successo straordinario. Meno fortunato Pras, con “Ghetto Superstar”. C’era da attenderselo, dopo che lui stesso aveva lanciato un altro modo di fare rap: il rap di Lauryn… Okay, manca Wyclef. Questo è il suo album solista, ma per certi versi potrebbe essere considerato l’ultima uscita dei Fugees. Diciamo l’unica uscita dei Fugees guidati da Wyclef. Produce lui stesso, ma Pras partecipa attivamente. E Lauryn canta con lui in qualche traccia. Decisamente, questo non è l’album di Lauryn, né di Pras. I Refugees Allstars danno una mano, ma il protagonista è solo Wyclef. Pras e Lauryn, e i Fugees, fanno un rap diverso. O meglio, Wyclef fa il suo rap diverso da tutti gli altri. Allora cosa lo differenzia da loro? La differenza è che lui non è africano.
Mi spiego. Intanto diciamo che Wyclef è haitiano. “The Carnival”, è anch’esso haitiano. I Caraibi, la tradizione musicale creola ancora non aveva avuto voce nell’hip hop. E che voce! Tanta musica, tanto colore, Wyclef che suona la chitarra e che canta in creolo. Un’emozione fortissima, per chi ascolta rap e non solo. Anzi, chi ascolta rap può restare disturbato da molte scelte vocali e melodiche. Non dimentichiamo che il 1997, quando uscì l’album, era dominato dal gangsta rap. E chi di rap non si occupava prendeva “The Carnival” come prova dell’appassimento dell’hip hop. Il rap perdeva appeal e originalità, e per risollevarsi doveva corrompersi con altri generi. Probabilmente sarà questa la fine dell’hip hop, ma ancora non era tempo. Invece che sbiadire nella tradizione caraibica, questo capolavoro di inventiva e di talento riconsegnava vecchie prerogative all’hip hop. La musica rap come veicolo di idee aveva già permesso la convivenza di partiti antitetici, come i gangsta e i Native Tongues. Ora si modella intorno alla musica caraibica, restando riconoscibile. “Guantanamera” non è mai stata così in forma come in questo lavoro. Ma torniamo all’Africa. Cosa significa che Wyclef non è africano? La cultura afroamericana ha prodotto i gangsta e i Native, e ha fondato (insieme al reggae) il suono del rap. Il suono africano del jazz, del blues e del funk accomunano la gente dell’hip hop più dell’islam o della rivendicazione dal ghetto. E’ per questa ragione che un cambiamento così radicale fa paura. Era il 1997 e i caraibi che debuttavano nell’hip hop non si sapeva proprio come guardarli. Levare a “The Carnival” il bollino 100% Hip hop non si poteva, e lo credo bene. Oggi che il rap è costellato di novità di questo tenore è più facile, e per molti anche “The Carnival” sarà più fruibile. Ma, tremate! E’ appena uscito il nuovo lavoro di Wyclef…
Restiamo a noi. Quali tracce segnalare? “Guantanamera”, appunto. “Apocalypse”, “Gone Till November”, e la più bella dell’album, “Sang Fézi”, in creolo. Settantaquattro minuti di suoni vellutati e ricchi, indimenticabili.