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Il colpo di coda del gruppo inglese dopo l’abbandono di Peter Gabriel. L’ultima tappa, insieme forse al successivo album “Wind and Wuthering” del ’77, dei Genesis progressivi. Si tratta, potremmo dire, di una evoluzione nella tradizione. Il disco risente ancora, fortunatamente, della benefica onda lunga delle grandi opere della prima metà del decennio: Collins è su una posizione paritaria rispetto ai compagni; anzi, dal punto di vista strettamente compositivo, è addirittura in minorità; rispetto a Tony Banks, ad esempio. E’ il tastierista il principale responsabile di questo disco. Il batterista non ha ancora assunto la leadership assoluta del gruppo: quando lo farà, la musica dei Genesis evolverà sempre più (ma noi preferiamo dire involverà, o scivolerà) verso un pop facile, destinato ad un pubblico assai diverso da quello che ascoltava e ascolta “Foxtrot” e compagnia bella. Sarà un altro gruppo, diverso: una spaccatura profonda. L’ulteriore defezione da parte del chitarrista Steve Hackett, subito dopo l’uscita del live “Seconds Out” del ‘77, sancirà definitivamente il cambiamento di rotta del terzetto superstite. Ma qui siamo ancora ad alti livelli, bisogna ammetterlo. Certo si nota già in alcuni punti la tendenza ad ammorbidire i toni, a volte proprio ad edulcorarli; ma si tratta di musica raffinata, compositivamente complessa, per nulla banale. Come abbiamo detto, parliamo ancora, qui in “A Trick of the Tail”, di evoluzione positiva, necessaria, verrebbe da dire. Anche Phil Collins se la cava molto bene, riesce quasi a non far rimpiangere la grande voce di Gabriel: riesce anche ad imprimere, quando serve, la giusta grinta e potenza, oltre alla usuale delicatezza che già gli si conosceva. “Dance on a Volcano”, che apre l’album, è forse in assoluto uno dei migliori brani dei Genesis: un inizio splendido, imperioso, che incute rispetto; un’aura mitologica in pieno stile Genesis; cambi di ritmo; Phil in grande forma. Lo strumentale è quasi sempre dominato dalle tastiere di Banks; e, a questo proposito, visto che in un sito musicale russo ci è capitato di leggere una critica agli arrangiamenti del mite Tony, vorremmo rispondere: fossero tutti così gli arrangiamenti! Inoltre canzoni come “Entangled” e “Ripples” sono in buona parte sostenute dalla chitarra acustica e, la seconda, da un altrettanto acustico pianoforte: è un brano delicato, un esempio della nuova tendenza musicale del quartetto inglese, su misura per la vocalità di Collins; ma ancora una volta è presente in esso una modulazione ritmica, una parentesi, che ne spezza positivamente l’andamento: è la firma dei Genesis. Qui si firmano ancora. Ma il meglio del disco, oltre alla sunnominata “Dance on a Volcano”, va ricercato probabilmente in brani come “Squonk”, dal ritmo festoso e mosso, con bella parte vocale; in “Mad Man Moon”, grandiosamente sognante; in “Robbery, Assault and Battery”, che rientra a pieno titolo nel catalogo burlesco e scherzoso della Genesi: una parte vocale saltellante e inusuale, un bell’intermezzo strumentale, un bel finale. La canzone che dà il titolo all’album è poco appariscente e potrebbe sembrare di scarso valore, ma grazie ad un ascolto attento non apparirà più tale. Chiude l’opera “Los Endos”, brano interamente strumentale che riprende i temi di “Dance…” e di “Squonk”. Visto che si tratta di una incisione in studio, Collins, sebbene promosso a cantante di ruolo, si occupa ugualmente di batteria e percussioni: e si sente. La sezione ritmica è come sempre di alto livello. Nelle esecuzioni dal vivo però, questa operazione non sarà ovviamente più possibile. Bella la copertina, “very british”.
Certamente non si raggiungono i livelli dei grandi albums del gruppo, quelli più amati: ma ci sentiamo senza alcuna esitazione di consigliare “A Trick of the Tail” non solo a tutti coloro che apprezzano i Genesis d’annata, ma anche, in generale, a tutti gli amanti del progressive.