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Quattro CD di inediti dei Genesis con la G maiuscola, quelli cioè con Peter Gabriel. Una vera chicca per gli appassionati del gruppo inglese. Ma soprattutto interessante per un motivo: contiene la registrazione integrale del concerto del 24 gennaio 1975 allo Shrine Auditorium di Los Angeles, dove i Genesis presentarono integralmente “The Lamb lies down on Broadway” uscito nel novembre precedente. Com’è noto l’unico album live dei “veri” Genesis era, fino a questa nuova pubblicazione, “Genesis live” del ’73, un disco complessivamente non eccelso, ma che soprattutto lasciava la bocca asciutta: si sarebbe voluto qualche documento in più sulle esibizioni dal vivo di Gabriel e compagni. Ecco che quindi quella che potrebbe parere, e in parte è, una delle tante operazioni commerciali attualmente in voga (nel caso dei Beatles ad esempio, o dei King Crimson, che hanno riesumato un loro concerto ad Amsterdam del ’73), risulta essere un tassello in più per completare il mosaico Genesis. Ma non è tutto: “The lamb…” occupa i primi due dischi: nel terzo possiamo ascoltare, sempre dal vivo (concerto a Rainbow del ’73), “Dancing with the moonlight Knight” (ed è sempre un’emozione), “Firth of Fifth”, purtroppo senza l’introduzione di pianoforte, “Supper’s ready” (tutta intera!), “More fool me” (naturalmente cantata da Phil Collins), e “I Know What I Like”. Tutte eseguite in modo davvero efficace e grintoso. Una curiosità: all’inizio di “Dancing…” Gabriel pronuncia, anziché “said the Unifaun”, “cried the Unifaun”: errore o sostituzione volontaria? In ogni caso il significato sostanzialmente non cambia: l’uno vale “disse”, l’altro “gridò”. Infine, sempre nel terzo disco, abbiamo una versione live di “Stagnation” (brano dell’album “Trespass”), un remix di “Watcher of the Skies”, con un paio di spunti interessanti, e, per la gioia di tutti i “genesisisti”, due brani del ’72 e del ’73 usciti a suo tempo come singoli, ma non inseriti in un album e mai in seguito ripubblicati. Si tratta di “Happy the man”, che fece coppia con “Seven stones” nel ’72, e di “Twilight Alehouse”, accoppiata nel febbraio ’74 a “I Know…”. Il fatto stesso che non siano stati scelti come brani di un album li situa certamente ai margini della produzione del gruppo, una seconda scelta insomma. Tuttavia non sono assolutamente da buttar via; soprattutto il secondo pezzo, di 7,40 minuti, è degno del prestigio dei suoi autori, con accelerazioni improvvise condotte dalle tastiere di Tony Banks e dalla batteria di Collins, bella sezione vocale, una parte centrale con abbondante uso del flauto e un finale imponente; il primo è invece un brano più delicato e breve, sulla scia, per esemplificare, di “More fool me”, dunque un duetto chitarra acustica-voce, anzi in questo caso più voci (cioè sostanzialmente Gabriel e Collins), che si intrecciano in una combinazione gradevole. Attenzione però: il vostro giudizio datelo solo dopo parecchi ascolti. Due pezzi, in ogni caso, che furono pur sempre offerti al pubblico, non scarti di registrazione: e questa è quasi una garanzia; anche perché, parlandoci chiaro, ci sarà pure un motivo per cui i veri e propri inediti (di cui peraltro i Genesis “maturi” sono pressoché privi) vengono scartati al momento della scelta definitiva dei brani! Il quarto ed ultimo CD del cofanetto contiene arrangiamenti grezzi, brani mai pubblicati e abbozzati, anche un abbozzo vero e proprio: il tutto o quasi appartenente all’infanzia del gruppo, quando non c’erano ancora Steve Hackett e Phil Collins: anni 1967-’70. Si tratta indubbiamente della sezione meno interessante, sostanzialmente superflua, della raccolta: scarti di lavorazione e alcune versioni un poco differenti di canzoni dell’album “From Genesis to Revelation” del ’69. Poco di interessante insomma.
Ma chiudiamo con una valutazione della versione live di “The Lamb…”. Efficace, ben suonata, con un Collins addirittura scatenato in certi momenti; Gabriel appare in buona vena, muta e camuffa la voce come solo lui sa fare. Il brano omonimo d’apertura l’avremmo voluto forse un po’ più grintoso: in questo come in altri il ritmo è leggermente più blando rispetto all’album di studio, ma è giusto così. In una musica elaborata come quella dei Genesis, e in generale in quella “progressiva”, dove le varianti e i mutamenti possibili sono ridotti all’osso, pena lo snaturamento dei brani stessi, è giusto in ogni caso cercare qualche libertà nelle esecuzioni dal vivo. Esecuzione dal vivo, questa, che a qualcuno potrà piacere anche più dell’originale. Noi, personalmente, sentiamo in verità la mancanza del pianoforte vero, molto importante in alcuni brani di “The Lamb…”, sostituito da Banks con un timbro equivalente della tastiera: non è proprio la stessa cosa. Ma questo vale anche per “Dancing…”, “Firth of Fifth” etc. Per un danno al nastro originale, il finale di “It”, che chiude la performance, è stato sostituito da una versione di studio: mancano dunque gli applausi finali, e il brano termina sfumando, come nel disco.
In definitiva una bella soddisfazione per gli appassionati del quintetto inglese, qui alla vigilia della defezione di Gabriel. Correda i dischi un libretto con fotografie e testimonianze (in inglese). E’ già uscito il secondo cofanetto sulla seconda parte di carriera dei Genesis: ma quella, soprattutto dal ’77 in poi, è purtroppo un’altra storia.