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Orfani da due anni di Peter Gabriel i Genesis, dopo aver pubblicato “A Trick of the Tail” (’76) e “Wind and Wuthering” (’77), incidono questo doppio album dal vivo: che, in un certo senso, segna la fine definitiva dei Genesis progressivi. Con l’abbandono anche di Steve Hackett il gruppo, ridotto a trio, devierà con ancor maggiore vigore verso le forme di un pop tradizionale, spesso piuttosto facile, sull’onda della leadership sempre più evidente di Phil Collins. Questo live comunque chiarisce molte cose su questa fase di passaggio nella storia del gruppo. Collins ha certo uno stile vocale personale, e del resto già in precedenza la sua era la voce principale di appoggio a quella di Gabriel: “More fool me” portava la sua impronta. Ma se in una canzone come quest’ultima il suo timbro delicato e poco profondo andava a pennello, non altrettanto si può dire di molte canzoni del gruppo qui incise, nelle quali la grande voce di Gabriel rivestiva un ruolo pressoché fondamentale: Collins non possiede certamente lo spessore, la potenza, la varietà di toni e l’espressività necessari per affrontare certi brani. Basti ascoltare ad esempio “The Carpet Crawlers” o “The Lamb lies down on Broadway”: la prima, oltre al fatto che manca della parte iniziale, viene da Collins edulcorata e svirilita, con la complicità peraltro anche della sezione strumentale, appiattita quasi a livello di una canzonetta, con tanto di pseudo-abbellimenti e vocalismi melensi: già si vede dove andrà purtroppo a parare la carriera del grande batterista; un anticipo di anni ’80. La seconda canzone, una delle più potenti dei Genesis, una di quelle che, secondo noi, toccherebbe cantare al solo Gabriel, rischia di subire la medesima sorte: contribuisce a questo risultato probabilmente una certa volontà di distinguersi dal predecessore, ma forse è vero anche che quando una canzone, specialmente nel caso dei Genesis, nasce con una voce così caratterizzata, è spesso difficile accettarne poi una diversa. Nella lunga “Supper’s ready”, come in altri pezzi, ci sono buoni momenti alternati ad altri meno felici. La strumentazione dei brani è complessivamente adeguata, anche se talvolta il suono risulta un po’ piatto e poco incisivo, oltre al fatto che, mancando Gabriel, manca anche il flauto, dunque una variante in più, e, per quanto gli interventi di questo strumento siano previsti in numero complessivamente ristretto, in una canzone come “Firth of Fifth” (ma anche altrove) l’assenza si avverte. In “The Cinema show” la coda strumentale è francamente affrontata ad un tempo troppo elevato, con foga eccessiva che la penalizza: riuscito è però il finale in versione live. Dove forse Collins e compagni rendono al meglio è, tuttavia, nel più recente repertorio: specialmente “Robbery Assault & Battery”, pezzo pienamente riuscito, che rientra nel filone beffardo e ironico dei Genesis, con un ritmo originale, un bell’intermezzo strumentale e un cantante a suo pieno agio, e “Dance on a Volcano”, imponente brano di apertura di “A Trick of the Tail”, sintomo della vitalità progressiva che il gruppo avrebbe di lì a poco esaurito: un brano che riesce quasi a non far rimpiangere il passato. Insomma parliamo proprio, sostanzialmente, delle canzoni (nate con Collins) di “A Trick…”, un disco che merita, secondo noi, l’apprezzamento degli amanti dei vecchi Genesis e del progressive-rock in generale. Ma finiamo: può essere che noi grandi appassionati del gruppo inglese siamo troppo esigenti, ma questo live non ci sembra davvero epocale: nemmeno però da buttare del tutto.
Alla batteria e alle percussioni, causa il cambiamento di ruolo per Collins (che tuttavia si esibisce in un paio d’occasioni), abbiamo Chester Thompson e, soprattutto, Bill Bruford, il grande batterista degli Yes prima, e dei King Crimson poi. Nell’esecuzione di “I Know what I Like” sono inseriti due richiami a “Visions of Angels” e “Stagnation” dall’album “Trespass” del ’70. “Afterglow” è dell’album “Wind and Wuthering”.