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Quattro cd per valutare al meglio lo stato artistico raggiunto dal sassofonista John Coltrane verso il termine della sua carriera. Già malato di cancro, Coltrane affrontò questo tour giapponese accompagnato non più dai suoi storici musicisti (che con lui avevano dato vita ad un quartetto leggendario), bensì da nuovi compagni di viaggio, con il solo Garrison a ricordare i “vecchi tempi”. E se la moglie di Coltrane, Alice, non può certo reggere il confronto con il piano di Mccoy Tyner, e il (seppur grandissimo) talento del batterista Rashied Ali non raggiunge la classe di Elvin Jones, si può tranquillamente dire che il risultato è comunque superbo. Non consiglierei però questo cofanetto a tutti: le complesse ed infinite improvvisazioni dell’ultimo Coltrane vanno assimilate con pazienza, magari arrivandoci dopo aver ascoltato le sue opere della prima metà dei ’60. Detto questo, i cd in questione lasciano l’ascoltatore sconcertato e, sicuramente, “arricchito”. Si guardi la durata dei brani: “Crescent” e la celebre “My favourite things” durano quasi un’ora ciascuna. Non è solo questione di stravolgere le composizioni (processo decisamente naturale ed insito nello stesso DNA della musica jazz), ma soprattutto di esprimere quasi vertiginosamente un travagliato processo interiore, di “buttare fuori” un mondo complesso ed incredibilmente “passionale”. Coltrane non è più solo ai fiati: verso la fine della sua carriera aveva infatti trovato in Pharoah Sanders un ideale compagno di improvvisazioni. Con il suo stile “selvaggio” e i suoi suoni distorti, Sanders riusciva probabilmente congeniale ai nuovi orizzonti stilistici del leader. Orizzonti che, nel giro di pochi mesi, muteranno nuovamente, verso un lirismo quasi “impressionistico” all’interno del quale Coltrane tornerà ad essere solo con il suo sax. Possiamo definire “Live in Japan” un disco di free jazz? A tratti sì, quasi. Ma tale definizione va stretta per il personalissimo stile di Coltrane: lui “sentiva” il suo strumento come pochi artisti hanno saputo fare. Chiudete gli occhi e non sentirete un uomo che suona il sax, ma una cosa sola. Un sassofono? O un uomo? Scegliete voi.
La registrazione, purtroppo, è in mono, ma la resa sonora è comunque più che accettabile.