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Davvero un bell’album Sailng To Philadelphia, con una Mark Knopfler ispirato e alla ricerca di nuovi sounds per creare un mix atipico di country-rock-folk-blues che a mio avviso si discosta sempre più nettamente dalla produzione Dire Straits quasi a volerne prendere le distanze.
Del resto Mark Knoplfler ha più volte fatto intendere negli ultimi anni il suo interesse per questo tipo di musica lasciandosi un po’ dietro il modello di canzone dominata a 360° dalla chitarra in favore di uno stile chitarristico meno ‘invasivo’, maggiormente dedito ad un suono d’insieme e ai piccoli ritocchi che ne esaltano comunque la classe innata. L’unico brano che può ricordare il passato è forse il brano di apertura e primo singolo,”What Is This”. L’album è inoltre impreziosito dalla presenza di due guest star del calibro di Van Morrison e James Taylor nelle rispettive “The Last Laught” e “Sailing To Philadelphia” anche se, per amore del vero, ci sono altri due musicisti che vorrei citare, Paul Franklin alla pedal steel guitar e Guy Fletcher alle tastiere con i quali MK collabora già da anni e che come sempre si dimostrano all’altezza delle aspettative.
E’ proprio difficile trovare una canzone brutta, ma sicuramente ce ne sono alcune che spiccano sulle altre e secondo me sono: “Silvertown Blues” dal vago richiamo a Springsteen, “Pairirie Wedding” dal sapore tipicamente americano ed infine, quella che ritengo essere la migliore canzone dell’album (merita a pieno i soldi del CD o mezz’oretta di Napster) , “Speedway At Nazareth”. Bello il coro iniziale in stile tipicamente “nero” e stupenda la coda finale dove chitarra, violino, pedal steel si mischiano senza che nessuno strumento prenda il sopravvento sugli altri spostando totalmente lo stile della canzone più su tonalità country.
Insomma, chi sia aspettava un album chitarristico rimarrà certamente deluso, la chitarra ovviamente c’è ma in una dimensione diversa dal passato, vista come amalgama di tutti gli strumenti e non più solo come strumento leader.