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di Luca Paltrinieri
Dietro il nome di “The Boyz From Brazil” celano la propria identità dal 1996 il francese Philippe Cohen Solal e lo svizzero Cristoph H. Mueller. Entrambi lavorano da anni nel mondo della musica in diversi progetti, di cui quello presentato al Maffia è ora diventato forse quello di punta, cui è stato attribuito lo scopo di dare maggiore visibilità al loro operato, svolto per anni in seconda linea. Philippe Solal lavorava presso la casa discografica Virgin, al reparto musiche da film, svolgendo contemporaneamente il compito di consulente musicale per registi. Entrambi continuano in questo tipo di attività, curando la parte musicale in lungometraggi, documentari e spot pubblicitari.
Essi definiscono la propria musica con il nome di “electroauthentica”, intendendo con ciò sottolineare il proposito di unire sonorità acustiche ed elettroniche.
Per la serata di sabato 11 novembre al Maffia di Reggio Emilia si sono presentati accompagnati da un vocalist, mentre Solal e Mueller stavano ai piatti e ai samplers. La struttura delle loro composizioni è stata per lo più molto simile e poco differenziata. L’ossatura era data da ritmi di “batucada”, le riconoscibilissime “baterias” di percussioni brasiliane, cui erano sovrapposti basso e grancassa, di matrice decisamente discotecara, a battere i quarti. Il vocalist si inseriva in questo contesto musicale prevalentemente ritimico, andando spesso a controcantare su una base vocale campionata, e utilizzando massicciamente effetti di delay. Le sonorità delle melodie erano quelle del samba e della musica popolare brasiliana, particolarmente evidenti in brani come ad esempio “Nosso Amor” del grandissimo Antonio Carlos Jobim, che è stato proposto due volte nel corso della serata. Alcuni pezzi erano arricchiti da interventi campionati di tromba e trombone, come in “Hi-Fi Trumpet”, o dall’apito, il classico fischietto brasiliano, ma nel complesso i brani erano poveri armonicamente, e questo ha portato un po’ di monotonia in scaletta. In due o tre brani la formazione ha abbandonato le orchestre di percussioni in favore di ritmi sempre brasilianeggianti, ma in modo meno palese, in cui ha fatto una timida comparsa qualche accordo di tastiera.
Nel complesso l’esibizione è stata senza infamia e senza lode, anche se indubbiamente nell’attuale scenario, che vede numerose le proposte musicali rivitalizzate da iniezioni di sonorità brasiliane, i “The Boyz From Brazil” hanno scelto una strada che non è quella maggiormente battuta nel panorama dance-oriented. Dove questo solitamente attinge da atmosfere brasiliane già filtrate attraverso la musica lounge o da film, la formazione francese invece ha scelto di pescare più vicino alla sorgente, rielaborando suoni dal sapore più tradizionale. A volte il risultato è abbastanza buono, mentre altre volte dance e musica brasiliana rimangono una affianco dell’altra, senza riuscire a fondersi in un cocktail soddisfacente.