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A volte mi domando se esistono più dei dischi così: mi rispondo di sì, anche per farmi coraggio. Chiaramente esistono, forse ciò che manca è una freschezza che potrebbe non essere più nei giorni in cui viviamo, appiattiti da una globalizzazione tanto suadente quanto subdola e feroce. Ray Davies crea uno dei suoi insuperati capolavori in uno dei momenti più eccitanti del secolo, dove ogni giorno le arti si evolvono alla velocità della luce, nutrite dalla voglia di conquista, di sapere, di ribellione. “Arthur…” divide con “Tommy” degli Who e “S.F.Sorrow” dei Pretty Things la palma di primo concept album della storia del rock. Non è il caso ora di questionare sul primogenito, dato che sarebbe storia piuttosto lunga e forse noiosa. Fatto sta che in ogni album di questa Sacra Trimurti l’insoddisfazione e la contestazione venivano prepotentemente alla ribalta tra i vecchi solchi rugginosi. Il titolo di questo ennesimo esaltante capitolo della band londinese la dice lunga: Davies tocca vertici sublimi della sua arte fatta di bozzetti critici, annoiati e dolce amari verso la società britannica. Ray non attacca pesantemente, cerca solo un mezzo sorriso tra il cinico e lo sbeffeggiante. L’opera è, l’avrete capito, un capolavoro, essenziale (Essential Records, o no?!) presenza in ogni discografia che si rispetti. Le canzoni dell’ LP originale rivaleggiano tra loro in bellezza, toccando gli stili più vari con immensa classe e leggerezza. Con un’iniezione di scopolamina mi si potrebbe estorcere una lieve preferenza per “Mr.Churchill says”, in condizioni normali non mi sbilancerei su classifiche di merito. Ma adesso, sono o non sono normale? Per finire, come in tutte le ristampe in CD della discografia Kinks, troviamo interessanti bonus tracks, scelte tra A e B sides di vecchi 45 giri dell’epoca ed alternative versions. Long life to Ray!