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“Dio Lodato” è un album postumo, non un tributo. Se Joe Cassano fosse ancora vivo, il suo esordio solista sarebbe molto simile a questo. Ma Joe Cassano è morto, e l’Italia dell’hip hop ancora non s’è ripresa. A guardare bene, quadra. L’America del rap ha pasturato tutto il suo peggio nei quattro maledetti anni che vanno dal 1994 al 1998. Se volete trovare qualcosa di brutto, nel rap, pescate a caso in quel lustro, avrete tutto il tristo che desiderate. In Italia, l’hip hop ha dato il meglio proprio in quegli anni. L’hip hop arriva dall’America, è normale che l’Italia segua. E è normale che sia sfasata di qualche anno. Bene, aspettiamo la rinascita, novità, stile. Il duemila lo diamo per perso, ma è comprensibile. La nostra old school si è chiusa con Joe Cassano. Ripartire non sarà facile per niente.
Ecco, se volete capire cosa sia il flow, “Dio Lodato” potrà darvi una mano. Chi ha il flow, in Italia? Chi è che, prendendo un mic e recitando, che so, la lista della spesa, ti trascina in pista a scuoterti per lui? In Italia, Joe Cassano era il migliore. Lui e un altro paio. Kaos, per la precisione chirurgica, più ancora che per il timbro di voce. E Zulù. Zulù, dei 99Posse, che non fa proprio rap ma che quando rappa non ci si sta dietro. Provate a fare un mix delle sue strofe, dimenticate Meg insomma, e avrete un signor mc. Un mc che mc non è. Zulù lo conosciamo, Kaos è una vecchia gloria, le novità sono Lugi e qualcunaltro, ma il campione era Joe Cassano. Un mc cristallino, e una speranza per il movimento. Come Nas in America, che se pure il movimento va in crisi di ispirazione finché c’è uno come lui va ancora tutto bene. A noi il campione è sfuggito fra le mani, e sembra avere portato disgrazia sull’hip hop tutto. Il secondo lavoro dei Lyricalz e del Colle sono una delusione insopportabile. Se avete ascoltato il debutto non potrete tollerare l’affronto. I ragazzi ci sono, sono capaci, e se beccate un live o una jam andateli a appaludire, sapranno esaltarvi. Cose nuove però niente. E, ancora, il RIP su Joe Cassano è il RIP sul rap italiano, quello cominciato con “SXM”, nel ’93.
Joe ha fatto parte dei Fukin’ Camel ‘n’ Effect. Ai Cammelli dobbiamo uno standard, dopo i Cammelli si doveva fare hip hop, basta a copiature pedanti della scena americana. I Cammelli hanno iniziato, insieme a qualcunaltro nascosto nell’underground nostrano, l’hip hop in Italia. Joe Cassano ha finito il lavoro, ha chiuso la casa. Di qui in avanti dovrà essere un’altra cosa. Che si chiamerà rap, e hip hop, ma sarà un’altra cosa. Ho iniziato per parlarvi di un album, e ne è venuto un rapporto sulla scena. Ma l’importanza di quest’album deve essere documentata per intero. E pensare che la discografia di Joe Cassano è fatta di soli featuring… Come fosse restato a guardare fino a che non ha detto la sua. E ha avuto l’ultima parola.
“Dio Lodato”, finalmente. Intanto i featuring, che sono poi i curatori di questa edizione postuma. Non solo curatori, però. Sono gli amici di Joe e le promesse della prossima wave del rap italiano. Sono gli Uomini di mare, autori sempre nel ’99 di un cd capitale per il nostro rap (“Sindrome di fine millennio”). Poi Inoki, Dj Gruff e i suoi Alien Army ai piatti, Kaos, LordBean, Dj Lugi (“Ca’ pu’”!), Nesly Rice, Inesha, Frizdacat, Pepse, Gambino, Legione Straniera, Camelz (!). “Flow dopo Flow”, la prima, sarebbe il singolo. “Giorno e Notte” l’abbiamo già trovata in “Novecinquanta” di Friz da Cat, “Dio Lodato” è accappella, senza base, e è la prova migliore della classe del Nostro. E via via le altre tracce. Insomma, accorrete numerosi! E niente rammarico, questo tributo non è ciò che sarebbe potuto essere. Perché esiste, e insegna. Può essere il vostro primo album di hip hop italiano. Se invece conoscete già il rap italiano, lo so, ce l’avete già.