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Quattro anni di attesa e di riflessione portano all’uscita di “Un gelato al limon”, il quale sarà il primo lato di un ideale triangolo formato con i successivi “Paris Milonga” e “Appunti di viaggio”. Questi tre albums sembrano infatti rivelare una prima importante maturità dell’artista, il quale mantiene sempre un certo gusto provinciale nel dipanare le sue storie, abbinato però ad un gusto musicale più ricercato e suadente. In questo contesto la voce di Paolo sembra cominciare a sguazzare come nella piscina di casa. Il timbro vocale si fa più basso, maggiormente controllato, adattandosi in pieno agli arrangiamenti sempre più vari ed intriganti. Le grandi passioni dell’Avvocato di Asti vengono fuori, timidamente ma inesorabilmente. “Sud America” e “Blue tangos” sono pietre miliari che attingono ispirazione dal serbatoio dell’America Latina, dai suoi ritmi lenti ed indolenti che Conte trasfigura attraverso la sua visione immaginifica di realtà lontane, come un moderno Emilio Salgari.
I due pezzi più conosciuti dell’album sono la title track e “Bartali”, quest’ultima ritratto appassionato di un uomo e di un ciclista che rappresentò spesso vizi e virtù del popolo italiano. Curioso è il fatto che sia proprio un conterraneo di Fausto Coppi, l’acerrimo rivale del toscanaccio, a scrivere questa canzone che è già diventata patrimonio nazionale. “Gelato al limon” diviene anch’essa un instant classic, richiestissima durante i concerti e riproposta, in quello stesso anno, in versione rockeggiante dalla coppia Dalla/De Gregori nel bestseller “Banana Republic”. Come al solito, i colleghi dimostrano di apprezzare immediatamente le canzoni di Conte; pensate che i musicisti di “Un gelato al limon” non sono altro che i membri della Premiata Forneria Marconi, grandi virtuosi di prog-rock! Per quanto riguarda il pubblico, sarà solo questione di tempo e di capolavori snocciolati. Ed ora la frase:”Perché d’inverno è meglio, la donna è tutta più segreta e sola, tutta più morbida e pelosa…” (da “La donna d’inverno”).