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Lasciatemi declinare la formazione, e niente paura, vivono negli States, lontani lontani. Allora, RZA, GZA, U-God, Masta Killa, Method Man, Raekwon, Ghostface Killah, Inspectah Deck, Cappadonna, e sebbene latitante Ol’ Dirty Bastard. Poco rassicuranti, eh? Ma non ce l’hanno con voi, ormai. Sono rappers miliardari, e poi vivono lontano… E se non ne avete sentito nemmeno uno, beati voi. Vi resta da ascoltare molto del miglior rap di sempre.
Ho iniziato dai nomi perché ognuno di loro è disponibile per ricercatissimi featuring, promuove la propria immagine, ha un’identità e una carriera. Ognuno ha fatto i propri album solisti, più o meno fortunati non importa. Di certo ci avrà messo le produzioni e le dita magiche RZA. RZA fa sì che il lavoro solista sia una dependance del grande hotel del Wu-Tang Clan. E questa dependance talvolta somiglia a una suite. Come “Supreme Clientele” di Ghostface, forse la miglior Wu-Production dai tempi del debutto. Va bene, non vi parlerò della produzione di ogni Wu, ma anche così a contenere il Clan si fa fatica. Perché il Clan sarebbe un gruppo, nel senso di posse e di crew, e certo lo è nelle caselle del Who’s Who. Wu-Tang Clan, band americana di rap. Ma il Wu, non ci vuole tanto a vederlo, è prima di tutto una setta. Una setta sotto l’officio ritmico di RZA e dedita al culto del kung-fu-rap. Quanto vale, questa setta? Vi dico solo che si è formata nel 1992, quando Dr Dre era signore del mondo col suo “The Chronic”, e subito dopo col “Doggystyle” di Snoop. Bene, dal 1992 e per molti anni c’è stato il rap, succube di Los Angeles e del suo dottore, e poi c’erano i Wu-Tang Clan. Che a me fa un po’ specie piazzarli a New York. E’ da lì che vengono, e fino all’avvento di Biggie erano tutta la New York che c’era. Ma se della Juventus devi sapere che stai parlando di Torino, che la Ferrari sia di Maranello è un dettaglio anagrafico. Okay, a Maranello non la pensano così, e anche a New York vi assicuro che ci tengono al Clan. Quello che dico è che il sound di RZA e soci è stato di ispirazione, più che di esempio. Biggie, lui sì è stato il patriarca della coast est. Il Wu è zona franca, invece, o un’oasi protetta, fate voi. Spero non vi stiano comparendo immagini di verdi colline e allegri uccelletti, perché i signori in questione mantengono tutto ciò che il loro brutto muso promette. Saranno passati un po’ tutti per la galera, e l’ultimo numero, il più recente, l’ha fatto Ol’ Dirty Bastard. In libertà condizionata per possesso di crack e cocaina, ha lasciato l’istituto cui era stato affidato (e l’aveva pure già fatto), e al momento, fine novembre del duemila, è latitante. Questo “The W” è dedicato a lui, che c’è caso non possa più lavorare col Clan. Se la polizia lo acciuffa saranno molti anni in carcere. Fino a quel momento sarà alla macchia. Già “The W” non lo schiera, al suo posto entra attivamente nel clan Cappadonna. Peccato.
Un lungo monologo sul Wu-Tang Clan, ma l’album? L’album, “The W”, è tutto quanto ho già detto. E’ la voce del Clan. Per intenderci, un album del Clan deve essere preso come una jam session. Una jam a tema, ragionata e splendidamente scritta, ma insomma non c’è frontman. Come i Backstreet Boys. Ma se i Backstreet in cinque sono come una sola persona, il Wu, in nove, fa somma dieci. Loro nove più il Clan, il marchio del gruppo tutto insieme. Il marchio dell’aquila di Shaolin qui in “The W” lo potrete rintarcciare subito nelle prime due, “Chamber Music” e “Careful (Click, Click)”. E poi “Do You Really (Thang, Thang)”, da non smettere mai. Impressionanti i due brani con Junior Reid, “One Blood Under W” e “Jah World”, i graffi più profondi del Clan nel duemila. Comunque, non mi stupisco che quest’album sia davvero bello, in fondo non fa nulla di speciale. Fa puro rap del Clan, poco evoluto rispetto al Clan stesso e al rap in ebollizione di questi tempi. Ma non sa di vecchio, sa anzi di prezioso. Sa di fatto a mano, sa di artigianale, di ricetta segreta. Non somiglia a nessun altro, ed è nuovo e competitivo come gli altri del gruppo. Una specie di reame a parte, il Wu-Tang Clan, dalle parti di Shaolin, il reame del kung-fu rap e del Jet-Kun-Mc. E allora God save The W!