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Vera e propria band di culto, solo oggi gli Incubus cominciano a raccogliere i frutti di quasi dieci anni di carriera. E proprio grazie a questo consenso generale (e conseguente potere contrattuale) la band torna sugli scaffali dei negozi con questo “Fungus Amongus”, risalente al 1995; si tratta in realtà del primo lavoro discografico realizzato da questa band, forse troppo sbrigativamente accantonato da mamma Sony.
Ascoltiamo e riflettiamo: troppo all’avanguardia? Troppo fuori dagli schemi? Forse ma non troppo. I tempi erano maturi e il cosiddetto crossover cominciava già ad imporsi come vero e proprio genere, preparando la strada a ciò che oggi chiamiamo “nu metal”. Tutto farebbe pensare ad una scarsa capacità imprenditoriale, che ha costretto questa validissima band ad imboccare la via più lunga per il successo, via che si rivelata ben più spianata per gruppi come i Korn.
Ma queste inutili disquisizioni di marketing non ci vogliono distogliere dalla frenetica energia di questo disco, che riesce a mischiare sapientemente un funky trascinante e cupe sonorità metal. Brani come “Take Me To Your Leader”, “Speak Free” sono frutto di un’autentica ispirazione, nutrita a suon di Red Hot Chili Peppers e Faith No More: basso slappato fino alla soglia del dolore, chitarra che passa da sonorità pesantissime a sottili ritmi funky, attraverso soluzioni rumoristiche di ogni genere, batteria secca più che mai e alla costante ricerca di controtempi spiazzanti, voci che attraversano per intero il “range” sonoro consentito ad un essere umano. Formule forse non propriamente originali ma di sicuro impatto.
Ad ogni modo oggi “Fungus Amongus” porta dignitosamente sulle proprie spalle tutti gli anni che sa di avere; gli stessi Incubus, con album come “S.C.I.E.N.C.E.” o “Make Yourself” sono andati oltre un genere che, di lì a breve, rischiava di implodere su se stesso. Per questa band, riproporre un album a quasi sei anni di distanza non significa solo riciclare materiale sottoutilizzato, ma significa soprattutto imporre all’attenzione del pubblico un lavoro ingiustamente passato inosservato, non certo privo di ingenuità e scelte oggi “datate”, ma ancora ricco di idee e di energia.