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Jeff Beck è una delle tante anomalie del rock. Eccellente chitarrista, musicista sensibile ed attento ai nuovi e molteplici volti del blues e del rock, non ha mai conosciuto il vero successo ed una reale consacrazione, perennemente messo in ombra da “cugini scomodi” come Eric Clapton o Jimmy Page.
Eppure Beck, da solo o con altri altrettanto validi artisti, ha proseguito un discorso musicale molto coerente, fondato su un ampliamento del linguaggio chitarristico, in cui lo strumento non diventa solismo fine a se stesso, ma diventa puro canto, capace di trasmettere feeling quanto una vecchia voce blues.
Tutto questo è “You Had It Coming”, ultimo lavoro del chitarrista inglese. Già il brano d’apertura, “Earthquake”, mette subito le cose in chiaro, ribadendo il fatto che non ci troviamo di fronte ad un imbolsito musicista in pensione. Il brano poggia su un potentissimo riff di chitarra scandito da una batteria altrettanto violenta; un brano di sicuro impatto con cui Beck apre le danze. Tutto l’album è costellato di piccole perle, in cui Beck si confronta con la propria tradizione, il blues bianco degli anni ’60, e con altri generi da egli poco praticati (come l’hard rock) o a prima vista estranei.
Effettivamente, alcuni brani danno la sensazione di un incontro/scontro tra i Led Zeppelin e i Chemical Brothers. Le mani nere raffigurate sulla copertina del disco sembrano raccontare la storia di brani come “Roy’s Toy”, “Dirty Mind”, “Left Hook”, i quali paiono immergersi nel fango del Mississipi, per poi riaffiorare con pesanti loop di techno-jungle che sembrano nati apposta per accompagnare una musica viscerale e carnale come il blues. “Rollin’ And Tumblin’”, unico brano cantato, è una miscela tribale in cui la voce intensa, da “campo di cotone”, di Imogen Heap, si fonde con i ritmi primitivi e i riff selvaggi di Beck.
È un piacere ascoltare Jeff Beck anche in svisate più “heavy”, come nella già citata “Earthquake”, e in “Loose Cannon”, in cui il nostro sembra aver assorbito e fatto proprio il miglior prog metal anni ’90, dai King Crimson ai Dream Theater.
Ma è nei momenti più lirici del disco che Beck tira fuori il suo tocco magico; in brani come “Nadia” o “Suspension”, Beck sfodera il suo legato mellifluo, da vero blues man abituato a far cantare, mai sproloquiare, la propria chitarra.
“You Had It Coming” è realmente un viaggio a 360 gradi nell’universo musicale di Jeff Beck, un artista forse sottovalutato dal grande pubblico, ma sempre in grado di trasmettere importanti vibrazioni.