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“Miles Ahead” rappresenta sicuramente una delle vette della carriera musicale di Miles Davis, e come spesso accade l’album nasce da un incontro straordinario. E’ la prima esperienza di Davis con una grande orchestra, quella di Gil Evans, e sicuramente è un’esperienza che segna la storia del jazz. In questo incontro si sente vivere il passaggio tra due epoche, tra due modi di intendere la musica jazz: alle spalle, l’era delle grandi orchestre, che negli anni ’30 e ’40 avevano creato uno stile, sia musicale che di spettacolo in senso lato; di fronte, la carriera solistica e solitaria di Davis, che ha seguito tutte le tappe della trasformazione nel jazz, fino a sconfinare nell’hip-hop e nella musica elettronica. Dal punto di vista musicale, il dialogo è a dir poco perfetto. Le sonorità della grande orchestra creano un’atmosfera tesa e rarefatta, in cui spiccano a tratti gli ottoni, quasi lancinanti nella loro brillantezza. L’arrangiamento di Gil Evans lascia tuttavia spazio agli assolo di Davis, alla sua tromba inconfondibile. Nella voce di questo strumento c’è tutta la disperazione, tutto il dolore e la solitudine da cui nascono le origini della musica jazz: un dolore antico, originario, che percorre come un filo tagliente tutta la musica di Miles Davis. Ma c’è anche la storia personale di Davis, iniziata con la nascita in una ricca famiglia borghese e radicalmente trasformata dall’incontro col be-bop, con gli hipsters e con maestri quali Dizzy Gillespie e Charlie Parker. La versione recentemente comparsa di questo “Miles Ahead” fa parte di un cofanetto dedicato dalla Columbia all’integrale delle registrazioni effettuate da Miles Davis con Gil Evans. I brani del LP originale sono stati interamente ripresi, e sono stati poi aggiunte alcune incisioni successive, a dimostrazione della costante ricerca musicale e sonora di entrambi i protagonisti. Particolarmente interessante, tra i brani dell’album, “The Maids of Cadiz”, in cui la tromba di Davis gioca da vera protagonista: il lirismo e la malinconia della voce protagonista si esprimono qui in tutta la loro profondità, con il costante seppur discreto supporto dell’intera orchestra. Ancora, il brano che dà il titolo all’album, “Miles Ahead”, in cui la tromba di Davis spicca sull’intera sessione di ottoni dell’orchestra di Evans, struggente e quasi ipnotica. Infine, la costante tensione drammatica di “Blues for Pablo”, o le squillanti dissonanze di “New Rhumba”. Un album equilibrato, che fa conoscere un volto di Davis a volte dimenticato: solista d’eccezione, capace di un lirismo straordinario, nella sua costante ricerca di nuove vie espressive riesce a misurarsi anche con una grande orchestra del calibro di quella di Gil Evans, con un risultato che è entrato a pieno titolo nella storia del jazz.