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Ritornano dopo cinque anni, ma a me piace pensare ne siano passati ben otto. A otto anni fa risale il primo album, “Bizarre Ride II the Pharcyde”. Assurdo, demenziale, e divertente e comico solo se avrete accettato di entrare nella loro ironia grottesca. Un album diciamo controverso, che io considero un classico ma insomma capirei chi sostenesse altre posizioni. Attenzione però, otto anni fa era il 1992, l’anno di “The Chronic”, sotto l’impero del gangsta rap californiano. E i Pharcyde, da South Los Angeles, si permettevano un simile sberleffo. Non male davvero. Tre anni dopo “Labcabincalifornia”, deludente, non ne voglio parlare. Oggi, “Plain Rap”, e non sembrano neppure più loro.
L’album lo dico subito è proprio ben fatto, un critico come si deve parlerebbe di ‘album della maturità’. Le produzioni precise, il consueto piglio al mic, una buona scelta di variazioni. Un buon album appunto. Solo che se pensavate di ritrovare i vecchi Pharcyde potreste arrabbiarvi molto, con “Plain Rap”. Non fatelo, non lo merita. E sperate ancòra! Del resto “Plain Rap” giunge dopo una serie di defezioni all’interno del gruppo, di lotte con le major, e di cambiamenti epocali nel sound dell’hip hop. Romye “Booty Brown” Robinson intanto promette un album da Pharcyde doc a partire dai prossimi lavori. E ce ne sarebbe bisogno. L’immagine del rap in California è (giustamente) tutta gangsta. Ma se pensate che Tupac ha fatto parte dei Digital Underground, be’ non ci si crede. I papà dell’ironia surreale in California sono stati proprio i Digital. Da Oakland in due anni, ’90 e ’91 sganciarono due bombe di rap giullaresco che non ha avuto più seguaci. Se non nei Pharcyde…
Ex b-boy crew (quelli che danzano la break dance), nel giro di otto tormentatissimi anni sono approdati all’R&B. Più o meno evidente, l’influsso dell’R&B sul rap quest’anno ha innestato parecchie produzioni. Fra quelle che ne hanno beneficiato, in modo diverso, Nelly e Wyclef Jean. In fondo è sempre hip hop, niente di strano. Nel caso dei Pharcyde però l’influenza è stata massiccia, fino a compromettere del tutto l’ispirazione musicale… Sono discorsi da fan, non fateci caso. In realtà la ricetta di rap e R&B nelle produzioni è davvero stupefacente, qui dai Pharcyde. Il pick sta sul rap, grazie a Dio, ma l’R&B si sente proprio, collabora attivamente. Cerco di dire che a contaminare un genere con un altro di solito si ottiene un ibrido. Una contaminazione quando va bene, un miscuglio quando si fallisce. “Plain Rap” invece ha un’altra risposta, innovativa e non rivoluzionaria. Le produzioni sono quelle, sono rap. Alla fine, non hanno inventato un nuovo genere, hanno solo condito il sound di Los Angeles come non era stato fatto ancora. Dovrebbe bastare questo a raccomandare l’acquisto, ma attenzione, resta un album leggerino. Non aspettatevi un capolavoro. Diciamo una buona esibizione da un team di campioni poco conosciuti. Che qui fanno il loro ritono, apprezzato e benedetto, e da conoscere.