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Il prossimo 14 maggio è la data fissata per l’uscita di “Exciter”, atteso nuovo album degli ormai ventennali campioni della musica elettronica, alias Depeche Mode. Il tempo notoriamente vola, e sono già passati quattro anni dal precedente “Ultra” (non contando la raccolta di singles edita nel ’98). Così, per abbreviare leggermente l’agonia, abbiamo sfruttato le enormi possibilità della moderna tecnologia, impossessandoci delle tredici tracce appena uscite dal missaggio finale. Si dice che fra qualche mese il pubblico potrà avere a disposizione direttamente a casa interi processi di ispirazione, provenienti da una serie di artisti a cui verranno applicati sofisticati microchips nelle zone creative del cervello…
“Exciter”, dunque. Martin Gore, Dave Gahan e Andy Fletcher festeggiano con un album non certo molto allegro i vent’anni trascorsi dal quasi primitivo esordio di “Speak and spell”. A dispetto infatti del titolo che fa presagire sonorità aggressive e brillanti, “Exciter” al massimo suggerisce un eccitazione che può solo essere interiore, visto il generale understatement che sovrasta la maggioranza delle canzoni. L’umore di Gore, eccellente ma discontinuo songwriter del gruppo fin dai tempi di “A Broken Frame” (1982), sembra variare dal sereno un po’ inebetito all’uggioso molto brughiera inglese. D’altra parte bisogna anche ammettere che i Depeche, nonostante il loro grande e duraturo successo, non hanno mai prodotto stupidi hits di consumo, anzi, direi che hanno portato una ventata electro-dark nelle classifiche, spesso anticipando le tendenze future.
La produzione del decimo disco da studio è affidata a Mark Bell, responsabile delle ultime realizzazioni di Bjork, le bellissime e drammatiche atmosfere di “Homogenic” e soprattutto “Selmasongs”. Venuto a mancare dal lontano ’93 l’apporto tecnologico di Alan Wilder (la sua importanza si può notare ascoltando un qualsiasi suo progetto firmato Recoil), i tre membri rimasti affidano queste pendenze direttamente alla produzione, fatalmente artistica.
Il suono è come sempre all’avanguardia, fondendo basi elettroniche a momenti più elettrici ed acustici, con un tappeto ritmico spesso sornione, una sorta di centrifuga lo-fi, trip hop, drum’n bass. Queste caratteristiche sono evidenti in “Dream on”, pezzo d’apertura destinato ad essere lanciato come singolo pre-album, felpata ma con ritmo, una canzone di classe un po’ furbetta. Con “Shine” si torna allo stile classico Depeche; il pezzo funziona, è godibile, come del resto “The Sweetest Condition”, blues Cave-oriented, vischioso quanto basta. “When the Body Speaks” è una delle highlights del disco, una delle tante figlie di “With or Without You” di Bono & Co., non bella come la madre, ma un tipo, ecco!
Dopo “When the Body…”, “Exciter” prosegue tra pochi alti e pochi bassi il suo dignitoso tran tran, ad eccezione del dolce e flebile finale di “Goodnight Lovers” (un piccolo omaggio ai Velvet post-banana?) e della star dell’album, la meravigliosa “Freelove”, questo sì pezzo dal potere eccitante ed ammaliante, sinuosa come una Romy Schneider avvolta da un mini lenzuolino…Brrrr!
Auspicando “Freelove” come secondo singolo estratto ed augurandogli tutto il successo che merita, chiudiamo con un giusto peana alle ritrovate e perfino migliorate doti vocali di Dave Gahan. La sua vita era diventata un enorme “pasticcio di pasticche”, fino quasi a fargli stringere la mano di Belzebù. Ora Dave è di nuovo tra noi, veramente in gran forma. Complimenti e continua così!