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Vent’anni dopo “Gaucho”, assistiamo compiaciuti alla rinascita del marchio Steely Dan, con i due impareggiabili stilisti Walter Becker e Donald Fagen a ricreare trame per troppo tempo attese. Quanto ci mancavano queste melodie deviate, che prima ti lasciano a bocca aperta per la loro bellezza e poi ti lasciano sempre a bocca aperta per la sorpresa di sentire che ti stanno scappando di mano, che non stanno andando dove ti aspetteresti o vorresti. Becker e Fagen sono dei giocolieri, degli equilibristi del pentagramma in perenne perfezione formale e stilistica, all’apparenza fredda e distante, in realtà impregnata di passione per la ricerca maniacale della nota mai banale.
“Two Against Nature”, un titolo perfetto per questi due eccezionali outsiders, riparte dall’apparente mood asettico delle ultime opere (“The Royal Scam”, “Aja” e appunto “Gaucho”) e pur non contenendo canzoni inarrivabili come “Deacon Blue” e “Babylon Sisters” si posiziona su standards decisamente elevati, dimostrandosi all’altezza del vecchio repertorio. La voce di Fagen è intatta, insinuante, ironica, perfetta per i temi raccontati dal duo (fobie del mondo moderno, debolezze, nevrosi, incesti…), mentre Becker mostra di divertirsi ormai molto di più con le sei corde che con il basso; alcuni suoi nervosi assolo alla chitarra sono davvero apprezzabili.
I nove pezzi che compongono questo grande ritorno sono naturalmente da gustare con la dovuta pazienza e devozione, in puro Steely style. Le canzoni si formano e si trasformano continuamente, flirtando di volta in volta con il free jazz, accarezzando pericolosamente territori fusion (senza mai scottarsi), per poi tornare nell’alveo della melodia pura o dissonante. Ogni ascolto è un mattone in più verso la conoscenza e, soprattutto, verso il piacere. E’ fatale quindi avere oscillazioni di preferenza tra una traccia e l’altra, segno distintivo di grande unitarietà stilistico-qualitativa. Colpisce (quasi) al primo colpo la title track e la falsamente semplice “Cousin Dupree”. Ma non fermatevi qui, fatevi sedurre fino a “West of Hollywood”, una sorta di “Deacon Blue” accelerata, con un meraviglioso e lunghissimo assolo finale di sax.
Sentendosi forse in colpa per avere snobbato per anni questa preziosa fonte musicale, la critica musicale americana ha deciso di conferire a “Two Against…” il Grammy come migliore disco del 2000. Che sia rimasto ancora un po’ di buonsenso a Ovest?