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Davvero strano. Un mini live di appena quaranta minuti, pubblicato subito dopo l’album di debutto, non si vede certo tutti i giorni. Eppure può accadere. Può accadere quando, alla fine di un tour, ci si accorge di avere accumulato materiale interessante, come inediti, cover, arrangiamenti diversi da quelli del disco. Quando questo materiale è stato comunque registato. Quando pubblicarlo non può essere, in fondo, una cattiva idea.
Questo è il caso di “Coi piedi sul palco”, che contiene sei tracce registrate durante i concerti del primo tour della band a Faenza il 01/10/98, Diano S.Pietro il 02/10/98 e Torino il 03/10/98.
E così, “Radiopatchanka”, sigla dell’omonimo programma di Popolare Network, apre le danze verso “Tu menti”: e qui attenzione al tranello! Non fatevi ingannare dall’arrangiamento in stile subsonico, in quanto questa è la prima cover del disco, direttamente dai CCCP. Così come “Per un’ora d’amore”, frutto della collaborazione della band con Antonella Ruggiero, che nell’album “Registrazioni Moderne” raccoglie alcuni dei successi dei Matia Bazar eseguiti con altri musicisti, tra cui, appunto, i Subsonica. È “Ancora ad odiare” l’inedita di turno: arrabbiata e frenetica, sembra riprendere fiato solo per ripartire a correre, all’improvviso, ancora più veloce. Ma anche la ben nota “Cose che non ho” si presenta, a suo modo, in versione inconsueta: un medley con “Daitarn III”. Sì, proprio quella “Daitarn III” entrata nel regno delle immortali sigle di cartoni animati. “Nicotina Groove”, tratta anch’essa dall’album “Subsonica”, annuncia la fine del disco molto più rilassata, sinuosa come la nuvola di fumo protagonista del testo.
E prima che il cd possa spegnersi nel lettore, qualcuno sembra voler
descrivere la vera essenza subsonica. Si tratta di Feller, un artista e
poeta di strada che ha per palco le terre del Salento, ed il gruppo torinese è tra gli omaggiati delle sue “stralunate presentazioni”.
Quello che forse qualcuno potrebbe obiettare è il significato che “Coi piedi sul palco” possa avere. Nel caso in cui a questo qualcuno non fosse bastata la carica di energia che si respira dal vivo, con musica, applausi, grida, cori e via dicendo, il tutto fermato per un attimo e per sempre su un supporto concreto. A questo qualcuno forse potrebbero giovare alcune semplici parole:
“Riascoltandolo ora ci rendiamo conto di quanto l’esperienza accumulata
successivamente ci abbia giovato. In pratica adesso suoniamo molto più
affiatati e compatti di allora, anche se ogni stagione di concerti mantiene
delle caratteristiche proprie irripetibili. Quindi siamo contenti di avere
conservato quella testimonianza e di poterla condividere con chi ci segue”.
E dici poco…
(thanks to Max Casacci)