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Gorillaz in due parole, in due persone, sono voce di Damon Albarn (Blur) e macchine di Dan The Automator. Un progetto di musica dai natali hip hop (Dan lo vede il seguito di Deltron 3030), e voce e temperamento rock. Poi, il gruppo. I Gorillaz sono quattro. Sono 2D, Murdoc, Noodle e Russell. Ma voi non li incontrerete mai. Le facce e il mondo di Gorillaz è a cura del papà di Tank Girl. Tank Girl, il fumetto… Date un’occhiata alla Stalla, è importante. Perché il lavoro di JC Hewlett fa parte di questo progetto, ne ricalca e ne indirizza gli umori. Che alla fine sanno di un futuro urbano molto prossimo, e umano, più che tecnologico. L’enhanced cd e un percorso internet nel cd stesso saranno più chiari di me. Portate pazienza.
Musica! Ai già citati vanno annoverati Tina Weymouth e Chris Frantz, dai Tom Tom’s Club ma soprattutto ex Talking Heads. Poi Miho Hatori (Cibo Matto) e i Deltron Del Tha Funky Homosapien e Kid Koala. “Gorillaz” comunque non è il primo project di Dan Nakamura. Vediamo un po’ di storia del The Automator style: 1996 con Kool Keith, “Dr. Octagonecologyst”. Un Classico. Nel 1999, gli “Handsome Boy Modelling School”, con un Prince Paul da premio Nobel. Poi il 2000, con Deltron 3030. C’è già il buon Damon, c’è Del Tha Funky Homosapien, ma a fare il botto è un piccolo giappo di nome Kid Koala. Ora “Gorillaz”, e è il momento di Damon Albarn, voce e gran sacerdote dei Blur. E’ il momento anche di uscire dall’hip hop. Contaminazione? A voi scegliere la parola che ve lo descrive meglio. Intanto c’è da dire che è la prima prova fuori dal rap di Dan “The Automator” Nakamura. I tre capitoli precedenti della sua crescita stavano comunque nella casa, questo proprio no. Non è rap sperimentale, è un’altra cosa. Che con l’hip hop ha a che fare, ma ci stiamo distraendo. Torniamo sul pezzo. Torniamo sul suono. Diciamo urban, deep, syntethic. Guardate, non depresso, tutt’altro. Il beat è il meglio possbile, per un progetto di questo tipo. Un beat ricco, e gonfio, con ancora Del Tha Funkee Hmosapien e Kid Koala a dare una mano… Concludo. I due singoli segnano il recinto dell’opera. Uno cantato “Tomorrow Comes Today”, persino virtuoso e pieno, nell’economia dell’album. E poi “Clint Eastwood”, l’anima rap infiltrata di canto. Una bella accoppiata, e fra i picchi di questo album. Piacevole, ma meno bella dell’originale la ghost track. Una versione dub acida di “Clint Eastwood”.
E’ un po’ che Dan Nakamura non ne sbaglia una, e dire che ne ha attraversati di stili. “Gorillaz” però rende chiaro il carattere originale, il marchio dell’Automator. Vale a dire un sound moderno, all’avanguardia, ma solido. Assodato. Un sound da futuro consolidato, direi. Del resto non saprei dire se “Gorillaz” sia l’apice della sua ricerca. Certo è che per questo lavoro è uscito dall’hip hop, e potrebbe essere il culmine della sua ricerca. Da qui in avanti, potrebbe cambiare qualcosa. Aspetterei, comunque… Damon Albarn intanto ringrazia, e tutti insieme ringraziano quell’altro genio creativo di Jamie Hewlett. Ve lo ripeto, i Gorillaz non li vedrete mai, di persona. E’ ora di andare sino alla Stalla, a far conoscenza con il loro plasmatore…