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Questa poi? Certo che la band norvegese ci tiene alla propria immagine, e continua a sfornare lavori su lavori. E così dopo il secondo volume dei “Roadworks”, ecco un allettante mini-album (sette canzoni per 33 minuti di musica), che contiene pezzi non nuovissimi, risalenti a un paio di anni fa, ma comunque inediti. Un album da studio più rock dal suono più “sporco” e meno puro dell’ ultimo splendido “Let Them Eat Cake”, accostabile ad album meno recenti come “Blissards” e “Trust Us” con qualche strumento a fiato in più.
La verità ineluttabile quando si parla di Motropsycho è: “tutto o niente”… così inizia una caccia spietata a mini e perle introvabili (in una discografia vastissima) per essere certi di non perdersi nulla da una band di tale intensità e bellezza. In alcuni casi molti di questi lavori non riescono a donare l’agognato appagamento. Non è il caso di questo “Barracuda” che si presenta come un album godibile, che vi farà scuotere e divertire (come del resto ogni album dei Motorpsycho dal 1991 fino ad oggi). Basta ascoltare un pezzo come “dr. Hoffmann’s Bicycle” per essere trascinati dal ritmo, ma anche la bellissima “Heartbreaker”, che si avvicina ai suoni del mini “The Other Fool”, riesce a convincermi.
“Glow” mi ricorda le sonorità dei primi capolavori, logicamente filtrate da una certa maturità di chi ha saputo esperire buona parte degli ambiti musicali dell’ultimo decennio, e la bellissima “Star Star Star” che coniuga una ritmica coinvolgente: sassofono e trombe ricalcando il più recente cammino musicale intrapreso.
La band nordeuropea di Trondheim riconferma il proprio status di ultimo baluardo di una generazione di musicisti eclettici che hanno saputo (e spero continueranno a fare in futuro) donare uno sterminato repertorio musicale senza scivolare nella banalità e nei tradizionali clichés.