Share This Article
Le cose semplici, a volte, finiscono per essere le migliori. Devono aver pensato questo i fratelli Matt e Bubba Kadane, già impegnati negli anni novanta con i Bedhead, per il loro ritorno sulle scene con questa nuova formazione. E infatti “Newness Ends” dura poco più di mezz’ora e si snoda lungo dieci canzoni suonate dalla più classica formazione rock. Dunque due chitarre, un basso e una batteria, con un’essenzialità davvero rara di questi tempi. A risaltare è la scrittura pulita dei fratelli Kadane e una manciata di pezzi che riportano alla mente i Velvet Underground del terzo disco e i Go Betweens. Ballate elettriche come l’iniziale “Half a Day”, uno di quei pezzi che riesce a entrarti in testa per non uscirne più. La chiave è proprio qui. Canzoni semplici e senza trucchi che sanno dare emozioni, avvolte da una leggera malinconia, come “Great Excpectetions” e “Gasoline”, oppure affidate a una dolce lentezza, “Alter Ego” e “One Plus One Minus One Equals One”. Tutto suonato con una grazia e un’onestà che conquista.
Il finale del disco regala qualche sorpresa, il ritmo cresce e le melodie si sporcano con il rumore delle chitarre. Allora i riferimenti si spostano verso Pavement e Built to Spill, “The Block That Doesn’t Exist” e “Carne Levare”, resi più spogli ed essenziali. Un disco dalla semplicità disarmante, come si diceva, eppure ricco di fascino e bellezza.