Share This Article
Sono da poco passate le nove di sera quando le luci si spengono e sul placo del Teatro Smeraldo, gremito in ogni ordine di posto, sale Vinicio Capossela. Si accomoda al piano e, accompagnato anche da un quartetto d’archi, attacca la splendida “Bardamù”, allo stesso modo in cui inizia anche il suo ultimo disco, “Canzoni a Manovella”.
La prima parte del concerto sarà segnata proprio dai pezzi di questo lavoro, a volte sghembi e stralunati, “Marcia del Camposanto” e “Canzoni a Manovella”, a volte nostalgici, “I Pianofoti di Lubecca”, “Come Una Rosa” e la contagiosa “Suona Rosamunda”.
Vinicio parla, racconta piccole storie buffe, si traveste, usa un megafono e poi canta, suona il piano e gioca col pubblico, a dimostrazione che un suo concerto non è mai la semplice riproposizione delle sue canzoni.
La seconda parte del concerto inizia con l’ammaliante “Morna”, da “Il Ballo di San Vito” e prosegue sugli stessi ritmi malinconici. Vengono rispolverate le mai dimenticate “Scivola Vai Via” e “Stanco e Perduto”,
dal disco d’esordio, e poi Vinicio imbraccia la chitarra per riscaldarci
con le atmosfere latine della struggente “Solo Mia”.
Il pubblico lo acclama. E quando Capossela saluta, lo reclama a gran voce. Arrivano allora le nostalgiche “Modì” e “Una Giornata Senza Prestese” e il ritmo serrato di “Zampanò”.
Vinicio saluta ancora, ma al pubblico non basta. Richiamato di nuovo sul palco, riprende la chitarra per quella delizia che è la ballata “Camminante”, da “Camera a Sud”, e si congeda definitivamente con “Resto Qua”, la canzone che chiude “Canzoni A Manovella”.
Un concerto intenso e vibrante per un successo ampiamente meritato.
5 aprile 2001