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James Bond, Goldfinger, gli anni sessanta. O per tornare in casa dei Troublemakers, Brigitte Bardot, Alain Delon… I rossi mattone delle prime pellicole a colori, i bikini più che inguinali e il gusto spensierato di un’arte ancora ignara del ’68. O che aveva scelto di ignorarlo. Così, giusto per darvi un’idea della musica che vi aspetta dentro a “Doubts & Convinvtions”. Una colonna sonora. La soundtrack per un film che non c’è.
Che i francesi ci sappiano fare con l’elettronica è noto e sacrosanto.Ci hanno colonizzato con i vari Daft Punk & C. Ora, nell’agone internazionale questa musica s’è misurata con progetti affetti da un tarlo endemico. Molte, troppe davvero, le produzioni americane e tedesche che stringi stringi sono solo esercizi di stile. Questa proprio no. I Troublemakers ci insegnano l’anima, l’espressività sopra il dominio della tecnica. Trattano suoni sottratti al jazz e al funky. Alla classica persino, ma non quella “d’autore”. Musica orchestrale, la musica con tanto di direttore d’orchestra e schierato l’esercito di musicisti. La musica orchestrale, da colonna sonora appunto. Che film? Un inseguimento, un cocktail, nel lusso, sulla spiaggia, sotto il sole. O già nella notte, tra valzer glassati e amori torbidi… Eccovene un paio, ma le immagini trovatele voi. Purtroppo non c’è il film di queste note. Non ci sono immagini, e anche le parole sono poche dentro a “Doubts & Convinvtions”. Un po’ in inglese, un po’ più in francese. Bene, non verranno a disturbare la vostra personale sceneggiatura.
Avrete capito comunque che è un album che richiede dedizione. Nient’affatto difficile, intendiamoci. Anzi suadente, vario, prodigo di cambi di ritmo. Con quel gusto da déjà vu, da vecchio film francese del ’63. Tutto qua. Quello che voglio dire è che “Doubts & Convictions” va preso per mano. Va preparato e accettato. Se no si perde. Scivola via, si esaurisce e muore. Del resto bisogna essere pronti. L’opera dei Troublemakers può lasciare interdetti. Ci rendono un suono pulito, perfettamente restaurato. C’è da restare abbaccinati. Proprio come se ci togliessero la bianca austerità delle statue greche, e ce le restituissero restaurate. Come erano allora, dipinte di giallo, blu… Siamo pronti a questo? Comunque la pensiate, il lavoro dei Troublemakers va rispettato. Lo sforzo di assorbire il suono dell’epoca, e di mimetizzarvi dentro l’elettronica contemporanea merita considerazione. Poi, questa musica deve generare immagini. E allora fermatevi, calino le luci, incomincia il film…