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Che cosa rende così eccitanti i Julie’s Haircut? Lo stile. Come per la Jon Spencer Blues Explosion o i Make Up, per fare due esempi recenti. Stile inteso come sapere che cos’è il rock e come suonarlo. I Julie’s Haircut, non c’è nulla da dire, hanno stile da vendere. Sono un vero gruppo rock e suonano quello che sentono, quello che sono. Per questo ascoltarli è un grande piacere, perché hai la sensazione che quello che suonano sia davvero sincero. Che poi vengano da Bologna è poco più che un dettaglio. Potrebbero essere di Minneapolis o di Londra, o di qualunque altro posto al mondo. Quello che fa la differenza è la musica che suonano e come la suonano. Prendete “Stars Never Looked So Bright”, il loro secondo disco. Questa volta sorprendono con una serie di ballate da lasciare stupefatti. Atmosfera più rilassata rispetto all’esordio quindi, più dolce perfino e malinconia come in una domenica mattina o alla fine di un viaggio. Un po’ lo stesso che succede con certe canzoni degli Stones, “Wild Horses” per fare un esempio. E’ così sin dal brano di apertura, “Pass The Ashtray”, e poi in “Sex World” e nel brano che sigilla il disco, “When Did It Start Going Wrong?”. Di seguito sfoderano la melodia splendente e il ritmo saltellante di “Setthe Wolrld On Fire”, un prodigio di canzone pop come la potrebbero scrivere i Built to Spill, in bilico tra irruenza e dolcezza, con un perfetto organo anni settanta. Ma c’è molto e molto ancora in “Stars Never Looked So Bright”. Ad esempio i momenti in cui sale il ritmo e i riferimenti si spostano dalla parte di Jon Spencer Blues Explosion e Stooges. Le chitarre graffiano in “Hot Pants” e “Sumopower”, incalzanti e urticanti, e il ritmo raggiunge l’apoteosi in “Geza X”, un momento di puro punk. Ma c’è anche la psichedelia acustica di “Love Session #1” e, come se tutto questo non bastasse, “Everything Is Alright”, in perfetto equilibrio trai Velvet Undergorund più rilassati e i Pavement. E dopo tutto questo qualcuno pensa ancora che non si possa fare rock in Italia?