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Alla fine, questa di Neffa m’è venuta più come un coccodrillo che come una recensione. Il cocodrillo è il pezzo che il bravo giornalista si tiene già pronto nel cassetto sulla morte di qualche personalità. Il coccodrillo attende che il personaggio defunga, e poi salta fuori. Piange il caro estinto, lo celebra. Intendiamoci, il signor Pellino (aka Neffa) è vivo e in forma. E gli auguriamo ogni bene. A essere morto è Neffa, l’artista, perché “Arrivi e partenze” è una malattia terminale.
Neffa con Graff e Deda è stato i Sangue Misto. Il più grande e più importante album dell’hip hop italiano lo produssero loro. “SXM”, nel 1993, insuperabile. Da lì in avanti Neffa, un passato da batterista jazz, diventa un dio del rap italiano. Nel 1996 dà alle stampe “Neffa e i Messaggeri della Dopa”. Altro gran lavoro. Vende, anche, Neffa. Segue “107 elementi”, un flop, ma niente paura. Collaborazioni e performance varie lo conservano là su sul piedistallo. E’ il posto suo, niente di che. Intanto però bazzica cattive compagnie. Tra i suoi compagnetti c’è Al Castellana. Con i Casino Royale scambia collaborazioni, e sembra tutto bello. I Casino arriveranno all’ibrido elettrico “CRX”, prima di sciogliersi. Neffa invece all’ibrido non arriverà mai. Salta dritto su “Arrivi e partenze”, una disdetta. L’hip hop è scomparso. Il disco si potrebbe definire lounge, forse. Cocktail, non so. Di certo non R&B. Di hip hop, ancora, non c’è niente. Un revival anni ’70, o meglio un omaggio alla musica che l’ha cresciuto. Parole di Neffa… Qualsiasi cosa sia, questo disco è un fallimento. Insopportabile. Non fosse stato per il glorioso passato, su Kalporz un disco così non avrebbe avuto cittadinanza. Poi la delusione… Ma stiamo sul pezzo. Neffa canta. Lo stile è proprio quello di Al Castellana e Giuliano “King” Palma. La voce no. Non c’è scampo. In tredici tracce non se ne salva una. Nemmeno le strumentali. “Io e la mia signorina…” Che tristezza. L’unico augurio che possiamo fare a Neffa è che venda. Che faccia i soldi e che resusciti per il prossimo album. Ora come ora lo sconcerto toglie il fiato. Lì per lì pensavo, non so, che gli alieni ce l’avessero rapito. Che ce l’avessero sostituito con un clone di Edoardo Bennato. Sembra di sentire “Non farti cadere le braccia” trent’anni dopo. Un po’ più elettrico, al pianoforte… Cosa salvare di “Arrivi e partenze”? Mah, la copertina, se vi piace l’arancione.
Okay, un artista ha diritto di cambiare, sperimentare, liberare la sua espressività. E’ diritto dell’ascoltatore lasciargliela fare, questa ricerca, in solitudine. Devo dire che molta critica musicale italiana non è rimasta delusa dall’album. Addirittura si parla di ‘bella sorpresa’… Certo, ci sarà stato chi non gli ha perdonato la fuga dall’hip hop. E chi gli ha dato un ‘bravo’ di incoraggiamento per non tornarci più, all’odiato hip hop. Per quanto mi riguarda, non saprei a chi consigliare questo album. La musica e i testi, e la voce, sono indifendibili. Davvero, pensateci bene. Ascoltatevi “Arrivi e partenze” all’impiedi in qualche megastore, per farvi un’idea. E pregate. Che la scena italiana lo riporti a casa, che gli alieni ce lo rendano…