Share This Article
Probabilmente il lavoro più omogeneo del quartetto di Liverpool, per molti critici il loro più grande disco, non epocale come “Sgt. Pepper…” od il “White Album” o definitivo come “Abbey Road”, ma semplicemente composto da 14 canzoni perfette, per tutti i gusti. E questo è forse il più grande obiettivo raggiunto dai Beatles; mettere d’accordo la casalinga ed il grande critico, raggiungendo in tal modo la fama planetaria ed imperitura. “Revolver” è un’enciclopedia della musica in poco più di mezz’ora; esso tocca il blues con “Taxman”, il cameristico con “Eleanor Rigby” e la sottovalutata e bellissima “For no one”, la canzone “tipo Zecchino d’Oro” con “Yellow Submarine”, il soul bollente a tutti fiati di “Got to get you into my life” (lo “you” della canzone pare non si tratti di una bella donzella ma di Madame Cocaine…), il futuro prossimo psichedelico con “Tomorrow never knows”. Va anche detto che nel 1966 i quattro di Liverpool scrissero la parola fine sulla loro avventura live, ormai completamente prosciugati di energie nervose spese in acts ormai quasi parodistici. Se a tutto ciò sommiamo la voglia sempre più impellente di misurarsi con nuove ricerche sonore effettuate attraverso fluviali studio sessions, si può facilmente comprendere come essi siano arrivati ad un tale risultato, in un tempo così relativamente breve! Curiosità finale: la copertina è opera di Klaus Voorman, compagno di avventure amburghesi e futuro bassista di Lennon ed Harrison, ed è un giusto corollario a questo gigantesco punto esclamativo chiamato “Revolver”.