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Il VIDEO-CRONISTA DI KALPORZ TRA I BUSKERS
di Federico Olmi
Ferrara 25 agosto 2001
E rieccoci a parlare del Buskers Festival di Ferrara. Il cronista di Kalporz ci si infilò sabato 25 agosto. Già, perché un kalporziano vero non poteva che scegliere il sabato, notoriamente giorno morto per eccellenza, in cui nessuno mette il naso fuori casa. Il vostro servizievole inviato inoltre pensò bene di portarsi dietro un bel treppiede per la videocamera, dal peso irrilevante e dall’ingombro inesistente. In virtù di tali brillanti accorgimenti, detto inviato potè agilmente circolare per le vie e le piazze ferraresi e muoversi con rapidità e leggerezza feline, senza mai rischiare la decapitazione dei passanti. Ma ora leggiamo direttamente il suo resoconto.
SYMPATHY FOR THE DEVIL?
Spintici profondamente in territorio estense varchiamo le possenti mura della città un’ora circa avanti il tramonto. Prima di azzeccare la strada giusta svolgiamo il consueto e rituale tour dei quartieri periferici, sempre molto istruttivo. Una volta rimediata adeguata sistemazione al mezzo di locomozione avanziamo a piedi nel cuore di Ferrara, indisturbati. Ora incominciano a farsi sentire le prime note. È “Sympathy for the devil”: proviamo un lieve fastidio. Come primo approccio al Festival non è granché. Ci avviciniamo. Si tratta di uno dei gruppi accreditati; suona cover. Nulla di male in sé e per sé, ma in questo ambito francamente stona: in analoga situazione provammo questa sensazione anche l’anno passato. Se suonassero pezzi più inusuali, magari con arrangiamenti personali, variazioni…, insomma osare – ragazzi! – osare. Senza un minimo di fantasia la musica da strada perde fascino. Invece, ecco che viene eseguito pedissequamente anche il coretto dell’originale. Ci manca solo “The Wall” e mettiamo su un festino per teenagers (con rispetto parlando).
LA FESTA DEI MELISMA…
Trascorriamo via piuttosto alla svelta e, consci del reale potenziale della manifestazione, imbocchiamo una delle vie che portano in piazza del Duomo. Aumenta decisamente il flusso di persone. Una musica popolaresca e un nutrito assembramento di persone annuncia una ‘postazione’ di Buskers. Il transito è in quel punto davvero problematico. Ci insinuiamo fra gli spettatori per assistere all’esibizione di Melisma, gruppo italiano, salernitano; un sestetto costituito da fisarmonica (Roberto Vacca), viola (Francesco Smeraldo), contrabbasso (Marco Ciciniello), voce e nacchere (Loredana Mauro) e due chitarre: una di Francesco Petti, l’altra… non lo sappiamo. I dati forniti dall’organizzazione indicano una fantomatica Raffaella, ma in realtà al suo posto suona un quinto ragazzo. Qui sì che si respira aria di festa, l’autentico spirito della manifestazione, e la musica diventa un gioco che unisce pubblico ed esecutori; non c’è nulla che respinga l’ascoltatore. Divertente la gag tutta giocata sulla abusatissima (e Melisma è consapevole di ciò), straconsunta danza ungherese n° 5 in sol minore di Brahms: Smeraldo detta i tempi di un’esecuzione a singhiozzo, tutta esitazioni, pause, rallentando e accelerando. In tal modo il brano recupera punti, si rivaluta tramite lo scherzo, la presa in giro. E Smeraldo si piglia il soprannome di “Smeraldino la Cadenza”.
… I TWINS, 2 BLUESMAN NELLA TERRA DELLA SALAMA…
Ma lo spirito della musica on the road è multiforme, non è univoco: si esplica in modi anche diversissimi. E infatti alla fine della via siedono placidi due signori. Mentre Melisma si protende verso lo spettatore i Twins richiedono che siano gli altri ad accostarsi, in una sorta di effetto calamita. Infatti suonano blues, musica magnetica come poche. Gemelli paradossali quant’altri mai, l’imponente Jerry Dugger, cantante e strumentista statunitense di colore, e lo smilzo e biondo Chris Blanden, inglese. Fanno parte delle formazioni invitate direttamente dall’organizzazione. Abbracciati alle loro chitarre, ci appaiono come due strane e atipiche Sirene, quasi indifferenti all’effetto del loro canto. E’ una sensazione piacevolissima: due bluesmen nella terra della salama da sugo; un’accostamento superbo! Molto bella davvero la voce di Dugger, e Blanden poi, in pantaloncini corti, allungato in avanti sulla sedia con nonchalance! Trasudano sicurezza. Quando lì davanti passa un’ambulanza (presumibilmente qualcuno si è sentito male per l’assembramento) i due sospendono per qualche attimo il pezzo che stanno eseguendo, nemmeno si guardano negli occhi, il grosso ribatte su un medesimo accordo, il magro imita con la chitarra e in modo impeccabile il suono e il ritmo della sirena, senza battere ciglio, senza nessun ammiccamento, senza muovere un muscolo (tanto che la gente a mala pena si accorge di questa sortita): poi la musica riprende il suo corso.
Siamo ormai all’ora di cena e si riesce ancora ad assistere in modo accettabile agli spettacoli. Andiamo a rifocillarci (cioè a ‘sgionfarci’, come dicono a Trento): ci aspetta il round notturno. Ma con l’arrivo della luce elettrica la situazione si fa davvero problematica. L’assembramento davanti alle postazioni è poderoso, spesso invalicabile; risulta difficoltoso anche spostarsi da una all’altra.
… IL FOLK’N’JAZZ DI ABANGANE
Finalmente capitiamo dalle parti di Abangane, anch’esso gruppo compreso fra gli invitati. Sono in pausa, il campo è incredibilmente libero, ne approfittiamo per collocare in tutta tranquillità e in ottima posizione il nostro treppiede. Quando stanno per riprendere notiamo che qualcosa non quadra: del quartetto manca Gito Baloi, musicista mozambicano di colore. Anche l’identità degli altri tre presenta qualche ombra. Il sassofonista dovrebbe essere Roger Lucey, cantautore sudafricano anti-apartheid; il chitarrista è certamente Nibs Van der Spuy, anch’egli sudafricano, leader del gruppo dei Landscape Prayers. Per quanto riguarda l’identità del violinista non siamo sicuri, giacché ci sembra improbabile che si tratti del percussionista e organizzatore di festivals sudafricano Dan Chiorboli, di cui viene segnalata la presenza. Per di più il solo Van der Spuy si esibisce con lo strumento indicato. In ogni caso si tratta di musicisti che non suonano abitualmente insieme, anche se hanno spesso collaborato fra di loro. Ad esempio uno dei pezzi dell’ultimo album dei Landscape, “Transmigration Man” del ’99, porta la firma Van der Spuy-Chiorboli. La loro musica è un gradevolissimo folk’n’jazz con momenti di autentica commozione, come nella intensa versione di “Mbube” (“Leone”), di Solomon Linda: brano della cultura musicale zulu assurto a grande notorietà soprattutto nelle più tarde versioni di Pete Seeger (nel ’52, col titolo “Wimoweh”) e dei Tokens (nel ’61, sotto il titolo “The Lion sleeps tonight”). La chitarra ha la prevalente funzione di accompagnamento ritmico, mentre azzeccata è la scelta del piccolo sax sopranino, il più acuto della famiglia, dal
suono tenue, affine a quello del violino.
Melisma estroversi, Twins introversi, Abangane una via di mezzo. Le medaglie talvolta hanno più di due facce.
Termina così la cronaca dell’inviato, che si presume sia riuscito a tornare sano e salvo alla base, anche se l’uso costante ch’egli fa del tempo presente induce pur sempre il dubbio che abbia scritto quanto precede durante lo svolgimento della missione e che, ad un certo punto, ci abbia lasciato le penne.