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Anche se ci si riferisce spesso a “Coda” come all’album postumo dei Led Zeppelin, bisogna invece constatare che si tratta di un’operazione di ben più corto respiro e minore interesse. Infatti, quando la morte di “Bonzo” Bonham impose lo scioglimento del gruppo, nel 1980, gli Zep non avevano in mente progetti per un nuovo album, e non avevano registrato nuovo materiale dopo le sedute del 1978 per “In Through The Out Door”.
Cos’è allora “Coda”? Un piccolo palliativo, una goccia d’acqua per placare la sete delle orde di fans che non accettano la fine del Dirigibile; è anche un’operazione disinvoltamente commerciale, che mette insieme scampoli e frammenti di vecchie registrazioni, quelli rimasti dopo che “Physical Graffiti” si era preso gli avanzi più succulenti, e altre piccole curiosità che difficilmente possono saziare anche il fan più accanito.
I primi tre brani arrivano direttamente dall’Età dell’Oro, e precisamente dal 1970: “We’re Gonna Groove” è la cover di un brano di Ben E. King, molto energica e con la chitarra di Page in bella evidenza (a sentirla ora ricorda quasi gli Screaming Trees); “Poor Tom” invece è appena un’impressione di canzone, una filastrocca che Plant snocciola su una semplice ritmica di Bonzo; poi arriva anche un arpeggio e dei cori, ma l’insieme è fragilissimo. La bella versione live di “I Can’t Quit You Baby”, uno dei classici blues del primo album, non fa che gettare sale sulle ferite, ricordandoci quando il Dirigibile era giovane e il suo equipaggio sembrava indistruttibile.
“Walter’s Walk” viene dalle sessioni di “Houses of the Holy”, è un grezzissimo boogie guastato fra l’altro da infelici scelte di registrazione, a cominciare dal riverbero alla voce di Plant. Stranamente, sono passabili i tre brani avanzati dalle sessioni del 1978, visto che, se non altro, suonano molto più “zeppeliniani” dei deliri di sintetizzatori finiti su “In Through The Outdoor”. “Ozone Baby” è movimentato rock’n’roll alla “Dancing Days”, con un simpatico giro di basso di Jones; “Darlene” ricorda quasi gli Aerosmith; la finale “Wearing And Tearing” è la migliore delle tre, un brano molto duro che avrebbe potuto diventare un piccolo classico dal vivo (e lo hanno dimostrato Page e Plant quando la eseguirono al mega-concerto benefico di Knebworth nel ’90).
Per completare l’operazione non poteva mancare l’omaggio all’amico scomparso: “Bonzo’s Montreaux” è la registrazione di alcuni esperimenti percussivi dell’indimenticabile batterista, alle prese con effetti e percussioni elettroniche durante le prove di un concerto.
In complesso, “Coda” è un documento non privo di interesse, ma va purtroppo ascritto alla lunga lista delle operazioni “necrofile” a cui i discografici e i manager ci hanno abituato; del resto, con altri artisti le cose sono andate molto peggio (Hendrix e i Queen, ad esempio). A partire dal 1990 Page si è incaricato di un recupero più ragionato del materiale lasciato dal Dirigibile: alcune chicche sono sparse sui due cofanetti usciti nel ’90 e nel ’93, mentre un vero e proprio scrigno è “BBC Sessions” del 1997 (prossimamente su queste pagine!).