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Eccellente artigiano pop fin dai tempi del binomio con Cathal Coughlan nei dimenticati Microdisney, Sean O’Hagan continua imperterrito lungo la strada sdrucciolata e faticosa di una carriera solista impegnata a ricercare magie, magari all’interno di un semplice MI-RE-LA. Acclamato dalla stampa inglese come uno degli album dell’anno, “Gideon Gaye” passa decisamente la prova del recensore sud-europeo. O’Hagan ed i suoi High Llamas confezionano un album davvero impeccabile, in bilico tra atmosfere beatlesiane e beachboysiane, con un tocco di imprevedibilità alla Steely Dan nella meravigliosa “Checking In, Checking Out”, sorta di continuazione della splendida “Brooklyn” presente nel primo album della Ditta Becker & Fagen. L’umore generale del disco è improntato ad una serena malinconia (esempio lampante, “The Dutchman”), con arrangiamenti pieni di archi e cori finto stanchi alla Pink Floyd, assoli infiniti di flauto very 70’s nell’infinita dilatazione di “Track Goes By”, tocchi di xilofono a rendere sempre più felpato il sound, avvicinandolo ad un ipotetico ammaliante mix fra episodi di “Pet Sounds”, “Abbey Road” e stravaganti gruppi di arcano folk-troglodita marca Normil Hawaiians. Trance pop, forse questa è la chiave. La Beta Band, qualche anno dopo, si è procurata un ottimo duplicato.