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Nell’abbuffata di R&B di questi anni si sono distinte due personalità. Una, India.Arie, è spiccata in modo netto. Nota, stimata, si è anche assicurata una cert’aria di rispetto. Non ha fatto niente di che. Le è bastato inventarsi la pseudo rivoluzione di sbarazzarsi dell’elettronica per il suono acustico. “New acoustic movement” vi dice niente? E’ così, oggi tira l’acustico. Ma qui si divaga. In realtà siamo qui per parlare della seconda personalità dell’R&B fuori dal mucchio. Poco noto, un po’ anonimo, che pian pianino si guadagna lusinghe tra i critici. Sia tra quelli un po’ integralisti dell’R&B dominato dall’hip hop, sia tra gli altri, i nostalgici del soul classico.
Si parla di Bilal. Per capirci, canta per la Interscope, la label di Dre, Eminem e altri ancora. Come dire, non parliamo di underground. Né parliamo di innovazione. La formula di Bilal per farsi un nome fra i soul brother è banale. Gli basta pescare tra le diverse ‘correnti’ dell’R&B, e farle meglio. Oppure no, ma farle bene questo sì. Così ci sono tracce classiche, dal mood melenso e liquoroso. E parlo di “Soul Sista” e “When Will You Call”. Poi ci sono Common e Mos Def su “Reminisce”, e Dre che produce “Fast Lane”. Il lato hip hop, che non stona affatto nell’affresco dell’opera. Perché di tracce diciamo ibride, fra soul e hip hop, ce n’è un paio. Il resto è R&B. Ma a differenza di certo immaginario soul, la voce di Bilal è ordinata. Pulitina, non deborda, fa il suo lavoro senza strafare. Così se Erykah Badu o Macy Gray o R.Kelly sono mostri di vocalism, Bilal è un project. Una cooperativa di musica e interpretazione. Quando è la musica a tirare la carretta, come nella splendida “Sally”, e quando ci pensa la voce. Un esempio fra tutti “Second Child”, lunga e difficile. Ma che fa un sunto preciso dell’album, fra ispirazione soul e nuova sensibilità. La via artistica di Bilal, in un album fatto di raffinatezze, delicatezze e martelli battenti. La varietà, è il segreto.