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Ci sono due cose belle in “When”: la suggestiva cover che potete vedere qui a fianco ed il suo retro, con l’affascinante ed ipnotico profilo di Vincent Gallo, attore, regista, modello e molto altro. Purtroppo, non musicista, né tantomeno cantante, almeno stando a quanto si riesce a captare da questo desolante disco. L’attore, definiamolo così che è meglio, tenta di approcciare un certo tipo di musica free/freak al quale si sono avvicinati solo alcuni autentici matti geniali come Syd Barrett, Skip Spence, Kevin Ayers, Julian Cope o Tim Buckley. Ora, si spera che Vincent non sia matto, dato che non ha una briciola di genio musicale che lo possa almeno consolare.
“When” non parte nemmeno malissimo: “I Wrote This Song For the Girl Paris Hilton” è uno strumentale rarefatto, con minuscoli bozzetti chitarristici che ricordano molto alla lontana lo straordinario fraseggio di Lee Underwood, magnifica lead guitar del citato Tim Buckley. Questi timidi assolini li ritroveremo in “Laura”, l’unico pezzo con uno straccio di canovaccio melodico, pur nel contesto da demo registrato nel bel mezzo di un hangover. A “Laura” si arriva attraverso speranze sempre più flebili di un guizzo o almeno di una modesta ideuzza che possa risollevare l’album ed anche il nostro corpo sempre più sprofondato in un allarmante pre-coma. L’irritante atmosfera finto-dilettantesca di “Apple Girl” è un po’ la goccia che fa traboccare il vaso, il nulla assoluto mascherato da un contegno da vero artista minimale, magari perfino un peu maudit!… Ne volete ancora? C’è la rispettabile dedica al suo coniglio (“Honey Bunny”), alcuni strumentali da endovena con velleità free jazz (!) – “My Beautiful White Dog”, “Cracks” – altre canzoni che si vorrebbe fossero invece strumentali vista l’inconsistenza vocale e la banalità dei testi. In “Yes I’m Lonely” Gallo raggiunge il Nirvana emettendo solo un “…it could be so nice…” e suonando la batteria come neanche un bimbo di 5 anni; ma tieni almeno il ritmo! Lo strazio ha fine con “A Picture Of Her”, una sfocata fotografia di suoni senza capo né coda, un epilogo degno per questo, chiamiamolo così, capriccio d’artista.