Share This Article
Come alcuni tra i più attenti avranno osservato, la Germania ha una scena indipendente bella e vitale che merita molta attenzione. Né c’è da sorprendersi, visto che una delle influenze principali per tanta musica odierna arriva proprio da questa nazione e dal kraut-rock degli anni settanta. Fatto sta che proprio da lì sono venuti alcuni tra i segnali più interessanti degli ultimi anni, dai Notwist ai Mouse On Mars.
Per averne la prova prendete questo secondo disco dei Lali Puna, di Monaco di Baviera, finora notati più che altro per gli apprezzamenti di Colin Greenwood dei Radiohead nei confronti del loro album di esordio. Quello che incontrerete è elettronica essenziale, povera, come la suonano gli Stereolab o i Yo La Tengo dell’ultimo “And then nothing turned itself inside-out”, e la splendida voce di Valerie Trabelijahr. La musica è quella. Piccoli gioiellini di moderna grazia pop, come “Nin-Com Pop” e “Bi-Pet”, da cui si viene conquistati. Oppure melodie in corto circuito che girano su se stesse, “Don’t Think”. Altrove, strumentali fascinosi, come la ritmica pigra e sorniona di “50 Faces Of” oppure la bossa nova trasfigurata di “Contratempo”. E infine piccoli spaccati di vita moderna, piccoli ritratti delle nostre inquietudini. La buia “Come On Home”, e soprattutto “Middle Curse”, un piano in loop, una tastiera distante, un basso profondo, e la voce di Valerie Trabelijahr che recita “Abbandonate i vostri lavori / Non incrociate le dita / Non lavorate per gente a cui non potete credere / Abbandonate i loro soldi / lasciate i loro posti / Sbattete la porta / non guardatevi alle spalle”.
Sigilla un disco che dimostra che i Lali Puna sono un gruppo da seguire e da tenersi ben stretto.