Share This Article
Corre l’anno 1996. Riuniti in un casolare della Val d’Orcia, i CSI realizzano il loro capolavoro, “Linea gotica”. Già le miniature in copertina ne rivelano i contenuti: non è un disco facile, con la tematica della guerra in primissimo piano. Sono gli anni del conflitto nei Balcani, atroce dimostrazione di come l’umanità possa dare il peggio di sé.
È di questo che parla la canzone che apre il disco, “Cupe vampe”, scelta anche come singolo. La voce di Ferretti si fa più evocativa che mai, una chitarra acustica lo sostiene, presto violentata da grattate di violino e da piccoli assoli elettrici che squarciano il buio. “Sogni e sintomi” è impostata sullo stesso contrasto calma/rumore, reggendosi su una pulsazione secca e inquietante di basso e batteria. “Esco” e “Blu” dimostrano come la stupenda voce di Ginevra Di Marco sia ciò che mancava ai CCCP e che nemmeno in “Ko’ de mondo” veniva sfruttata appieno, ossia l’elemento perfetto per bilanciare le declamazioni spigolose di Ferretti. Ciò che il gruppo ricava sono due canzoni splendide, con i bellissimi testi sempre in primo piano. La guerra ritorna in vista con la title-track, che inizia con una citazione da Fenoglio e menziona due personaggi fondamentali nella nostra Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale: il Comandante Diavolo e il Monaco Obbediente.
Un altro dei temi fondamentali dei testi di Ferretti, ossia la religione e le sue contraddizioni, ritorna con le due canzoni successive: “Millenni” è un brano violento e dalla lucidità impressionante, che si interroga sul come mai (citando le note di copertina del disco) “più si chiama in causa Dio più aumenta il livello del dolore, dell’atrocità, della violenza”. In essa c’è una frase che dà i brividi, e dentro ci sono tutti i dubbi e la rabbia di chi continua a farsi domande, non accettando regole imposte dall’alto: “non sono scrupoloso al riguardo di dio / è a nostra immagine e somiglianza”. Geniale. “L’ora delle tentazioni” contrasta con la canzone che la precede per la sua quiete (apparente, è ovvio): il pianoforte di Magnelli accompagna prima la profondissima voce di Ferretti, poi i vocalizzi meravigliosi della sua Ginevra, per oltre 9 minuti di pura estasi.
Tra tutte queste canzoni splendide, le uniche due che risultano di livello un po’ più basso (ma ce ne fossero di canzoni a QUESTI livelli bassi!) sono “Io e Tancredi” (descrizione non riuscita della simbiosi tra un uomo e il suo cavallo) e la cover distorta e ipnotica di “E ti vengo a cercare” di Battiato.
“Irata” e la sua citazione pasoliniana chiude un disco difficile, ma assolutamente memorabile, «un disco di chitarre elettrificate […]. A conti fatti è questo il suono del nostro tempo, per quanto detestabile possa essere questo tempo e questo suono». Un capolavoro assoluto.