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Tra il 1987 e il 1988, a seguito dell’uscita degli apprezzati “Locust Abortion Technician” e “Hairway To Steven”, i Butthole Surfers erano una band sulla cresta dell’onda, caratterizzati da un suono che era un divertente incrocio di noise, psichedelia, blues e metal. Poi, dopo una serie di album interessanti ma mai completi, il gruppo entra in profonda crisi. Da cui esce solo ora, a cinque anni di distanza dalla pubblicazione di “Electriclarryland”. Ma da cui esce in maniera molto deludente. Pur proponendo la solita ironia e il gusto per il non sense (il sottotitolo all’album recita “Beam Force Laserflight…X-ray Invasion from Butthole Surfers – Action Sound!”) la band mostra clamorosi vuoti di memoria, gira su se stessa e, cosa ancora più grave, riesce a produrre un solo brano degno di attenzione.
A parte “The Last Astronaut”, pastiche che mischia reminiscenze psichedeliche, pianoforti, hip-hop e follie spaziali – come la voce recitante – il resto dell’album scivola via noioso, totalmente incapace di emozionare, e a tratti addirittura disturbante. Le concessioni alla musica commerciale sono talmente smaccate da non risultare mai sentite né veritiere. L’elettronica non fa sicuramente per il gruppo texano, ed episodi al limite del ridicolo come la conclusiva “They Come In” lo dimostrano senza possibilità di appello. Quale sia la rivoluzione alla quale si appellano nel titolo dell’album è un mistero fitto, visto che raramente avevo ascoltato qualcosa di così piattamente adeguato alle esigenze del mercato. Il mercato chiede hip-hop? E subito i Butthole Surfers regalano hip-hop (anche alquanto scadente). Il mercato pretende la solita ironia? E i Butthole Surfers, pur in completa – o quasi – assenza di ispirazione, sciorinano un’ironia blanda e senza nerbo.
Rimane davanti agli occhi la divertente copertina, col mostro dagli occhi a raggi x che fulmina una colonna di caccia da guerra, e rimane il ricordo del passato. Passato che si fa sempre più fosco e lontano, annientato da un presente irritante e sciatto, che porta addirittura a sperare in uno scioglimento. Ma la crisi è passata, purtroppo. A volte sarebbe bello poter scrivere “i Butthole Surfers sono morti, viva i Butthole Surfers”…