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Sinceramente non mi sarei mai aspettato di vedere nella mia vita un concerto dei Caravan, maestri indiscussi del “Canterbury Sound” insieme a Soft Machine e Gong. Sono tornati in attività già da alcuni anni anche se la formazione è ancora una volta cambiata. I tre membri storici sono Pye Hastings (chitarra, voce), il baffuto Richard Coughlan (batteria)e David Sinclair alle tastiere, insieme sin dal 1968. Al posto del defezionario Richard Sinclair (un’assenza notevole)c’è il veterano Jim Leverton che ha collaborato con miti come Noel Redding (quando lasciò Jimi Hendrix per formare i Fat Mattress)e il compianto Steve Marriott. Ritorna anche il simpatico violista Geoffrey Richardson (ex Penguin Cafè Orchestra).
Il vero protagonista della serata è stato comunque il chitarrista Doug Boyle. Boyle ha collaborato a lungo con Robert Plant e dal vivo mostra una attitudine decisamente hard-rock, con assoli tanto incisivi quanto eccessivi per il sound dei Caravan, che ama muoversi elegantemente tra folk, blues e jazz. Tra i momenti migliori del concerto romano ricordo sicuramente la riproposta integrale della splendida suite “Nine Feet Underground” che arriva dal loro capolavoro del 1971 “In The Land Of Grey And Pink”, tra i capolavori di quel periodo indimenticabile. I brani estratti dal recente “Battle Of Hastings” si rivelano piacevoli ma non lasciano il segno. Una sorpresa per gli appassionati è un breve frammento della dolce “Oh Caroline”, scritta da David Sinclair e Robert Wyatt ai tempi dei Matching Mole, ripresa da Max Gazzè recentemente.
E’ curioso notare come la voce di Pye Hastings ricorda quella di Robert Wyatt. Sarà l’aria di Canterbury? Decisamente folto il pubblico dell’Alpheus di Roma, non solo quarantenni brizzolati ma anche diversi giovani, tutti incuriositi dal nome leggendario dei Caravan.